Repubblica 4.6.16
L’inchino della processione a lady Riina
Corleone,
Ninetta Bagarella si è affacciata al balcone. I rappresentanti di
polizia e carabinieri hanno lasciato in polemica il corteo religioso.
Aperta una indagine. Il parroco: “Non una sosta voluta ma serviva più
prudenza”
di Salvo Palazzolo
PALERMO. Il confrate
suona la campanella e la processione si ferma, proprio davanti a casa
Riina, in via Scorsone 24, nel cuore di Corleone. Ninetta Bagarella, la
moglie del capo del capi rinchiuso al 41 bis, è al balcone. Guarda
soddisfatta la vara di San Giovanni Evangelista e sorride alle sue
sorelle, Matilde e Manuela, che sono accanto a lei. Mentre la folla
acclama il Santo. L’ultima processione che ha attraversato Corleone è
già diventata un caso. Domenica pomeriggio, quell’inchino alla moglie di
Salvatore Riina, non è passato inosservato. Il commissario di polizia e
il maresciallo dei carabinieri, che erano poco distanti, hanno subito
lasciato la processione. E hanno inviato una relazione alla procura
distrettuale antimafia. Perché i Riina sono ancora un simbolo in Cosa
nostra: nelle ultime intercettazioni dei carabinieri, i boss del paese
invocavano addirittura la mediazione di donna Ninetta per risolvere
vecchie controversie. E, intanto, si davano un gran da fare per inviare
un po’ di soldi a Salvuccio Riina, il figlio del capo di Cosa nostra che
dopo otto anni di carcere ha deciso di trasferirsi a Padova e scrivere
(a modo suo) un libro sulla famiglia. Adesso, c’è un’indagine su quella
processione. E i primi accertamenti hanno già portato a un risultato: è
emerso che uno dei membri della confraternita di San Giovanni è cugino
di secondo grado della Bagarella, si chiama Leoluca Grizzaffi. Il
parroco di Santa Maria, padre Domenico Mancuso, è amareggiato: «Ho
ribadito alle forze dell’ordine che non è mia usanza sostare davanti ai
potenti o pseudo potenti — dice — quella non era una sosta prestabilita,
è accaduto. Mi rendo conto che ci voleva più prudenza». Il sacerdote ha
già convocato tutti i confrati. «Tutti insieme abbiamo stabilito che la
processione di San Giovanni non passerà mai più da via Scorsone».
Parole ancora più dure arrivano dal vescovo di Monreale, monsignor
Michele Pennisi: «Su episodi come questi non transigo. Ho già nominato
una commissione d’inchiesta, sono in attesa di una relazione. Intanto,
ho proposto al questore di Palermo di stilare un protocollo d’intesa,
per prevenire altri episodi: propongo che d’ora in poi anche le soste
delle processioni siano concordate con le forze dell’ordine, per evitare
spiacevoli sorprese ». Nei mesi scorsi, monsignor Pennisi aveva anche
imposto alla confraternite di inserire nello statuto una clausola:
«Nessun pregiudicato per mafia può far parte delle nostre associazioni
». Ma Leoluca Grizzaffi è un perfetto incensurato. Eppure, attorno a
quel cognome c’è grande attenzione da parte della procura e delle forze
dell’ordine. Un altro Grizzaffi, Giovanni, ancora per qualche mese in
carcere, viene citato come fosse il messia nelle ultime intercettazioni:
l’uomo forte che Cosa nostra aspetta per ritornare ai fasti di un
tempo. I boss cercano di riorganizzarsi. Nei mesi scorsi, è emerso che
erano in contatto addirittura con il fratello del sindaco, Lea Savona.
Il prefetto di Palermo, Antonella De Miro, ha inviato gli ispettori al
Comune.