Repubblica 3.6.16
Nel Bundestag i demoni della storia
di Bernardo Valli
IL
SILENZIO del Bundestag sul genocidio degli armeni poteva apparire una
complicità storica dei tedeschi con i turchi. I nostri pensieri non sono
sempre lineari. La storia ci insegue e a volte i suoi demoni ci
riacciuffano. Mentre undici Parlamenti europei si erano già pronunciati,
riconoscendo il genocidio, quello di Berlino taceva. Quasi fosse
inchiodato da una specie di omertà, in favore di un vecchio e nuovo
alleato, qual è la Turchia. In realtà il sospetto va declassato. Il
dubbio era infondato. Non solo perché il voto quasi unanime di ieri ha
infine condannato il genocidio, definendolo tale. La Germania si è
allineata ai Paesi amici e alleati, come la Francia e l’Italia,
riconoscendo che un secolo fa si trattò di uno sterminio pianificato
degli armeni, nonostante la Turchia ufficiale e larga parte della
società continuino a considerarlo un (semplice) massacro provocato da
una guerra civile. I parlamentari tedeschi sanno quanto sia importante
assumere e analizzare le proprie colpe, anche quelle lontane nel tempo,
comprese quelle condivise passivamente con gli alleati se sono crimini
contro l’umanità, e quindi non potevano rinviare più a lungo il voto di
ieri.
I Verdi avevano preparato il documento da tempo; pare che la
Cancelliera l’avesse approvato già dall’anno scorso, ma che
l’opportunità diplomatica ne avesse ritardato la presentazione al
Bundestag. Dove, oltre ai Verdi promotori, anche i socialdemocratici
dell’Spd, i cristiano democratici e cristiano sociali della Cdu e della
Csu, componenti della grande coalizione, erano pronti a sottoscriverlo.
Il presidente della Repubblica, Joachim Gauck, aveva anticipato l’idea
nell’aprile 2015, mentre a Erevan, in Armenia, veniva ricordato il
genocidio, alla presenza di tanti capi di Stato. Ma poi gli avvertimenti
di Ankara, dello stesso presidente Recep Tayyip Erdogan, devono avere
provocato qualche crampo. Circa tre milioni di turchi, in gran parte
cittadini tedeschi, vivono in Germania. Numerosi sono gli interessi
economici, finanziari, industriali, culturali tra i due Paesi. Ed era in
gestazione l’accordo sui profughi, firmato nel marzo scorso con
l’Europa ed ora in corso. Angela Merkel ne discuteva con Erdogan.
Non
si può accusare la Cancelliera di debolezza davanti alle intemperanze
dell’interlocutore turco. Lo ascolta, accoglie alcune sue richieste non
prive di arroganza, come accettare che un attore tedesco impertinente
con lui possa essere giudicato da un tribunale in patria, ma al tempo
stesso manda il suo ambasciatore nel tribunale di Istanbul per
verificare come vengono processati i giornalisti turchi denunciati da
Erdogan. E in visita ufficiale in Turchia riceve e discute con gli
oppositori e gli intellettuali che Erdogan detesta. Capita che Angela
Merkel si pieghi ma subito raddrizza la schiena.
Ieri tuttavia non
era in Parlamento al momento del voto. Né c’era il vicecancelliere, il
socialdemocratico Sigmar Gabriel. Né il ministro degli Esteri
Frank-Walter Steinmeier. Assenze vistose in una seduta del Bundestag in
cui era all’ordine del giorno la valutazione di tragici avvenimenti
avvenuti un secolo fa, che riemergendo provocano collere e minacce. Come
se si trattasse di una plateale, controversa revisione della storia.
Non votando personalmente una risoluzione tanto carica di significati, è
come se Angela Merkel avesse fatto capire che lei non aderiva del tutto
all’iniziativa del suo partito e degli alleati di governo. Ha dunque
dovuto subire quel che aveva formalmente approvato, il 31 maggio,
durante una riunione del gruppo parlamentare? Il comportamento non era
degno della Cancelliera con la schiena dritta. E comunque in questa
occasione non una Cancelliera di ferro.
Erdogan ha manifestato la
sua stizza richiamando in patria l’ambasciatore a Berlino. E ha
annunciato altri gesti di ritorsione. Ritirò provvisoriamente altri
ambasciatori quando i Parlamenti europei votarono per il genocidio. Ma
poi li rimandò al loro posto. Lui e il suo governo islamo-conservatore
non hanno alcun legame ideologico con i “giovani turchi” promotori del
genocidio che fece più di un milione di morti. Ma il nazionalismo,
l’orgoglio turco e calcoli di politica interna creano una forte
solidarietà con quei predecessori. Anche perché nel Paese persiste
l’allergia alle minoranze. Gli armeni di oggi sono i curdi, sia pure in
un contesto diverso, perché i curdi al contrario degli armeni nel 1915 e
’16 si difendono, reagiscono. Combattono.
Redatto da Cem Ozdemir,
di origine turca e copresidente del gruppo dei Verdi al Bundestag, il
documento appena approvato condanna anche il deplorevole ruolo del Reich
tedesco, che in quanto principale alleato dell’Impero ottomano non ha
fatto nulla per impedire il crimine contro l’umanità. In realtà i
tedeschi occupavano posti di rilievo nell’esercito turco impegnato nella
Guerra mondiale, quando avvenne il genocidio. Il generale Fritz
Bronsart von Schellendorf era vice capo di stato maggiore e firmò ordini
di deportazione degli armeni poi massacrati. E altri ufficiali
impegnati in Turchia più tardi occuparono posti di rilievo nel Terzo
Reich. Rudolf Höss è stato comandante del campo di Auschwitz, e
Konstantin von Neurath, che aveva esercitato un comando nella Quarta
armata ottomana, negli anni Trenta era Obergruppenführer nelle SS. Nel
giugno 1915, l’addetto navale a Costantinopoli, Hans Human, scriveva:
«Per il complotto con i russi gli armeni sono più o meno sterminati. È
duro ma necessario».
Lo storico Michael Hesemann spiega il
comportamento di Pio XII durante la Seconda guerra mondiale con la sua
esperienza nel 1915. A quell’epoca il futuro papa Pacelli aveva un
importante incarico nella Segreteria di Stato, in Vaticano, e fu
testimone dei due interventi di Benedetto XV in favore degli armeni
presso il sultano Mehmet V. Il risultato fu che l’eccidio si
intensificò. Più di un quarto di secolo dopo Pio XII, ospitò tanti ebrei
nelle chiese e istituzioni cattoliche, ma non denunciò lo sterminio
nazista nel timore di avere un effetto negativo, come il suo
predecessore. Questo dice lo storico, la cui tesi avvalora il fatto che
il genocidio degli armeni fu in qualche modo il preludio all’Olocausto.
Per questo capita di immaginare i demoni della storia, ieri, nella
democratica aula del Bundestag.
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“ Il voto di ieri ha infine condannato il genocidio armeno definendolo tale La Germania si è allineata ai Paesi amici e alleati