il manifesto 3.6.16
Armeni, fu genocidio
Germania.
All’unanimità il parlamento tedesco ha approvato il testo sul genocidio
armeno. La Turchia ha richiamato ad Ankara l’ambasciatore Husein Avni
Karslioglu. E dal Kenya il presidente Recep Tayyip Erdogan ha subito
minacciato: «Questo voto avrà un impatto molto serio sulle relazioni tra
Turchia e Germania»
di Sebastiano Canetta
BERLINO
Una risoluzione del Bundestag scompagina le relazioni con la Turchia e
riapre i giochi di strategia dell’Ue sul fronte dei migranti. Ieri quasi
all’unanimità il parlamento tedesco ha approvato il testo sul genocidio
armeno predisposto da Cdu, Spd e Verdi. Ci è voluto un anno prima di
mettere nero su bianco ciò che affermava il presidente della Repubblica
Joachim Gauck «Il destino degli armeni esemplifica la storia dello
sterminio di massa, la pulizia etnica le espulsioni e persino i genocidi
di cui il Ventesimo secolo è segnato in modo così terribile».
Immediata
la «rappresaglia» turca: il ministro degli esteri Mevlut Cavusoglu ha
richiamato ad Ankara l’ambasciatore Husein Avni Karslioglu. E dal Kenya
il presidente Recep Tayyip Erdogan ha subito minacciato: «Questo voto
avrà un impatto molto serio sulle relazioni tra Turchia e Germania», e
non solo perché la «guerra sulla Storia» con Berlino rischia di far
saltare l’intesa sull’abolizione del visto per i turchi nell’Ue in
cambio degli hotspot nell’Odissea dei migranti.
Il testo della
risoluzione è poco più che simbolico, tuttavia in aula c’erano religiosi
e esponenti della comunità armena che hanno alzato un esplicito
cartello: «Grazie». Così, per la prima volta, la Bundesrepublik si
allinea ufficialmente agli altri 20 Paesi che stigmatizzano il genocidio
armeno come sancito fin dal 1985 dalla Commissione diritti umani
dell’Onu e ratificato due anni dopo dall’Europarlamento.
Il
documento approvato ieri utilizza esplicitamente il termine tabù in
Turchia per il massacro di oltre un milione di cristiani armeni nel 1915
da parte dell’impero ottomano, all’epoca alleato dei tedeschi. Pulizia
etnica a cavallo del Caucaso, stragi senza pietà, deportazione dei pochi
superstiti. Ciò che restava dell’Armenia venne inglobato nell’Urss alla
fine della prima guerra mondiale.
E tutt’oggi la Turchia ammette
solo gli «eccessi di patriottismo» ma non transige sulla responsabilità
del primo genocidio dell’età contemporanea.
Tant’è che alla
vigilia del voto a Berlino centinaia di turchi hanno manifestato con
tanto di bandiere nazionali di fronte alla Porta di Brandeburgo, a due
passi da parlamento e cancelleria. Fino all’ultimo momento utile il
premier Binali Yildirim ha messo in guardia i deputati tedeschi,
chiamati nominalmente ad alzare la mano: «Sarà, a tutti gli effetti, un
vero e proprio test sull’amicizia dei nostri Paesi».
Ma alla fine
si sono fatti convincere solo in due: un contrario e un astenuto. Ed è
scattata la «ritorsione»: il vice premier Numan Kurtulmus non ha
digerito «un errore storico» mentre Yasin Aktay, influente portavoce
dell’Akp, minaccia perfino un contro-voto al Parlamento turco.
Merkel
(che a fine aprile era in visita ufficiale nel campo profughi di
Gaziantep) non si scompone, come sempre: «C’è molto che lega la Germania
alla Turchia e anche se abbiamo una differenza di opinione su una
singola questione la solidità della nostra amicizia e dei nostri legami
strategici è troppo importante».
Così nella conferenza stampa
congiunta con Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, di cui
Ankara fa parte. La vera partita però si gioca a Bruxelles. Martin
Schulz, presidente del parlamento europeo, gela senza tanti complimenti
le speranze del primo passo della Turchia nell’Ue: «La proposta della
Commissione Junker per liberalizzare i visti dei turchi è ferma sulla
mia scrivania.
Il Parlamento non ne discuterà finché tutte le 72
condizioni richieste non saranno soddisfatte dal governo di Ankara. Sono
loro che rischiano di far saltare il patto». Si tratta dello scambio
deciso a marzo: finanziamenti dell’Europa per disinnescare l’emergenza
migranti con l’offerta di libera circolazione dei cittadini turchi. Come
ribadito dal ministro turco per gli affari europei Omer Celik «si
tratta di un unico pacchetto: non abbiamo alcuna intenzione di
modificare la nostra legislazione anti-terrorismo».
Ma a Bruxelles
è decisivo risolvere il problema della rotta balcanica: di qui l’intesa
con la Turchia (che sarebbe un «paese sicuro» anche se persegue i
curdi, i giornalisti non allineati e i non islamisti) impegnata a
riprendere i migranti irregolari in cambio dei profughi siriani in
Europa.
Così la risoluzione sul genocidio armeno riaccende la
crisi politica. Sul punto, tuttavia, la coalizione tedesca è però
perfino più larga, mentre il capogruppo Cdu Volker Kauder fa quadrato
intorno alla cancelliera: «Il nostro obiettivo non è mettere sotto
accusa la Turchia, ma riconoscere che la riconciliazione è possibile
solamente se i fatti vengono messi sul tavolo. E il fatto che la Turchia
stia facendo notevoli sforzi per aiutare l’Ue a gestire la crisi dei
migranti non cambia il fatto che agli armeni furono imposte sofferenze
indicibili».