martedì 28 giugno 2016

Repubblica 28.6.16
Psichiatria.
Jaak l’uomo che sussurrava ai neuroni
Seziona la biologia delle emozioni. Partendo da quelle animali. Per curare la mente
Il cervello umano e quello dei mammiferi non sono diversissimi Depressione e cattivi pensieri in fondo non sono altro che chimica
di Elisa Manacorda

JAAK PANKSEPP È UNO DEI POCHI neuroscienziati ad avere buoni rapporti con gli psicanalisti. Un grande studioso del cervello che, come ammette lui stesso, non litiga con gli esploratori della mente. Al contrario, li sostiene e li indirizza con le sue ricerche in quel nuovo settore disciplinare che sono le “neuroscienze affettive”, entrando dentro i pensieri più estremi di ogni essere umano: il piacere e il dolore. Che sono per l’appunto i temi trattati nell’ultimo congresso della Società Psicoanalitica Italiana, di cui Panksepp è stato l’ospite d’onore. «Parlare con i seguaci di Freud è bello perché – dice lo psicobiologo - la psicanalisi non è altro che una branca della psichiatria che prende sul serio le emozioni». E a Panksepp le emozioni interessano molto. Per studiarle, analizzarle, classificarle, e soprattutto dare loro un senso anche in funzione terapeutica, Panksepp studia il comportamento animale, convinto com’è che tra il cervello umano arcaico e quello dei mammiferi moderni non ci sia poi tutta questa differenza. E che prendere sul serio l’esperienza emotiva degli animali aiuti a comprendere quella umana.
«Quando studiavo ingegneria elettronica - racconta - il mio laboratorio era situato all’interno di un ospedale psichiatrico, così che nel tempo libero potevo andare a curiosare, a scoprire le storie dei malati. Lì ho capito che nessuno, in psichiatria, si interessava minimamente all’aspetto emotivo del disagio mentale. Così mi sono specializzato in psicologia clinica, in un laboratorio di neurologia dove si studiavano i danni al cervello riportati dai veterani della seconda guerra mondiale ». Qui Panksepp - come racconta anche nel suo libro Archeologia della mente. Origini neuroevolutive delle emozioni umane (Cortina 2014) – individua sette sistemi emotivo-motivazionali di base che affondano le loro radici nelle strutture sottocorticali del cervello: il sistema della ricerca (attesa), quello della paura (ansia), quello della collera (rabbia), quello del desiderio sessuale (eccitazione sessuale), della cura (accudimento), del panico/sofferenza (tristezza), del gioco (gioia sociale).
Ma il più importante tra questi, quello che dà il “la” a tutta la nostra esistenza, è quello della ricerca. Sono gli anni in cui i neurofisiologi americani hanno scoperto il “circuito della ricompensa”, studiando i topolini che premono a ripetizione una levetta per generare una piccola scarica di elettricità nel cervello e generare piacere. «Ma i miei studi sugli animali mostravano una cosa diversa: la sensazione cercata dai topolini non era il piacere dei sensi, bensì il benessere della mente», dice. Una volta ricevuta la loro piccola scarica, osserva lo studioso, gli animali cominciavano ad aggirarsi per la gabbietta, annusando, esplorando i dintorni, interagendo con gli oggetti presenti. «In altre parole, attivavano quello che ho definito il “sistema della ricerca”, il più importante tra i sette sistemi, perché è necessario alla sopravvivenza». Si attiva per cercare tutto ciò che serve per vivere, e genera piacere quando lo trova: fa cercare l’acqua se si ha sete, il cibo se si ha fame, un partner se si ha desiderio sessuale, e così via. E quando si rompe subentrano malattie come la depressione. Per guarire serve ripristinare gli equilibri dei sistemi emotivo-motivazionali. Ed è qui che le tesi dello studioso incontrano la psicoanalisi. Si lavora sulle emozioni primarie per sollecitare la risposta sociale e migliorare l’apprendimento. E si stimola elettricamente il sistema della ricerca con un pacemaker cerebrale, agendo contemporaneamente con basse dosi di oppioidi per lenire il dolore psicologico. Perché anche i cattivi pensieri, alla fine, non sono altro che chimica.