Repubblica 28.6.16
È un punto cruciale per il futuro dei grillini
Da
un lato hanno cavalcato per il successo tutti gli umori anti-unione Ma
ora devono scegliere una linea più idonea alla loro voglia di governare
L’onda doppia di Brexit sul populismo made in Italy
dii Stefano Folli
L’Europa
è il tema su cui si decideranno gli equilibri in Italia dei prossimi
anni. Ne abbiamo avuto un assaggio ieri alla Camera, con l’attacco del
grillino Di Battista a Renzi in partenza per il vertice di Berlino e poi
per il Consiglio di Bruxelles. È uno scontro che prefigura quello
elettorale, ma soprattutto anticipa il braccio di ferro sulla riforma
costituzionale (il referendum dovrebbe tenersi in ottobre, nella seconda
metà del mese). La tendenza è verso una partita a due, Pd e M5S, perché
il terzo polo post-berlusconiano é tuttora privo di baricentro e di
leadership. Ma la questione di fondo riguarda i riflessi italiani della
Brexit inglese.
Ogni paese reagisce in modo diverso. Abbiamo visto
che la Spagna ha risposto rinsaldando i partiti delle due famiglie
europee, popolari e anche socialisti, a scapito di Podemos. In Francia,
Olanda e Austria l’estrema destra chiede invece analoghi referendum per
uscire dall’Unione. E in Italia si ridefiniscono i termini del
confronto, con Renzi ammesso in tutta fretta nel triangolo dei decisori
storici insieme a Germania e Francia. Un’opportunità e un rischio:
dipende da quali risultati otterrà il premier e da come spenderà in
patria il credito riacquistato. In linea generale, conta capire se
l’onda lunga della Brexit favorirà il populismo continentale ovvero lo
frenerà a causa di un’opinione pubblica spaventata. È un punto cruciale
che riguarda in particolare i Cinque Stelle. I quali da un lato hanno
cavalcato a lungo tutti gli umori anti-Unione e anti-moneta unica,
costruendo su questo parte del loro successo. E dall’altro si trovano
adesso a dover scegliere il profilo più idoneo per una forza che aspira
addirittura al governo nazionale. Un profilo in cui trova posto una
conversione pro-Europa comprendente, in primo luogo, la rottura con il
britannico Farage. Ma proprio il caso Podemos, che ha predicato un
generico “cambiamento” e alla fine ha perso la sua occasione, è lì a
dimostrare quanto sia stretto il sentiero per un movimento anti- sistema
che vuole entrare nel sistema. Le contraddizioni dei Cinque Stelle,
sotto questo profilo, sono numerose. C’è chi ricorda la scampagnata di
Grillo e dei suoi ad Atene a sostenere l’uscita della Grecia dalla Ue,
quando sembrava che tale fosse la linea di Tsipras. E oggi si può notare
che i Cinque Stelle continuano a fare gruppo al Parlamento europeo con
gli indipendentisti britannici di Farage: i quali a loro volta
dovrebbero dimettersi per coerenza e non usufruire di stipendi e
finanziamenti “unionisti”. Poi c’è la strana idea del referendum sulla
moneta unica, sullo sfondo di una distinzione capziosa fra euro ed
Europa istituzionale. È la linea ufficiale del movimento, ma i primi a
crederci poco sembrano i membri del famoso “direttorio”, anche perché
una simile consultazione non sarebbe praticabile nel nostro ordinamento.
Di
Maio è impegnato da tempo in un giro nelle cancellerie dell’Unione per
accreditare il M5S come opposizione responsabile. Per cui il tema del
referendum appare e scompare come un fiume carsico a seconda dei
momenti. Idem per l’altra sortita a favore di un euro del sud accanto a
un euro del nord. Di Battista, che ha il compito di assestare fendenti
polemici, rilancia la questione in un’intervista al quotidiano diretto
da Feltri, che su questo ha appena avviato una campagna di stampa
(referendum “consultivo” per aggirare il divieto costituzionale). Ma
anche in questo caso l’esponente grillino precisa di essere contrario a
un voto sull’adesione alla Ue.
In altre parole, i Cinque Stelle
non abbracciano la linea del loro ex alleato Farage. È un compromesso
all’italiana, pieno di luci e ombre. L’obiettivo è trasformarsi in modo
stabile in una forza che accetta l’Europa ma la vorrebbe “diversa”.
Quanto diversa non è chiaro, ma anche Renzi chiede discontinuità
rispetto all’assetto germano-centrico. Il problema è che il M5S, in
parte orfano di Grillo, deve portarsi dietro una base elettorale educata
per anni a odiare l’Unione in tutte le sue articolazioni. E non è
questione che si possa archiviare in un giorno.