Corriere 28.6.16
Costruire argini politici al dilagare del populismo
di Maurizio Caprara
Boris
Johnson, battutista antieuropeista, nella carica di primo ministro che
fu di un conservatore di stampo diverso, lo statista Winston Churchill.
Donald Trump, miliardario insofferente, presidente negli Stati Uniti che
vennero guidati da John Kennedy. Marine Le Pen, estremista di destra,
alla testa della Repubblica francese rimodellata da Charles de Gaulle,
generale della destra antifascista. In Italia, Repubblica governata
decenni da un partito con una croce nel simbolo, nella prossima
legislatura un presidente del Consiglio di «5 Stelle», formazione
vittoriosa nelle elezioni locali il nome della quale coincide con la
categoria di lusso degli alberghi.
Non è detto che questi
pronostici su Downing street, Casa Bianca, Eliseo e Palazzo Chigi si
avverino. Di certo il novero delle ipotesi realizzabili si è allargato a
quanto poco tempo fa sembrava inimmaginabile. La vittoria del distacco
dall’Unione Europea nel referendum britannico potrebbe essere l’inizio
di una serie di scosse ad assetti che davamo per scontati.
Quelle
elencate sono soltanto quattro delle possibilità di nuovi ingressi in
centri di potere statale nei prossimi anni. Che nella brevità di un
tweet anche il capo di gabinetto del presidente della Commissione
europea Jean-Claude Juncker abbia tratteggiato un panorama del genere,
prendendo di mira il populismo, non deve indurci a personalizzare il
problema impedendoci di valutare un fenomeno più vasto. Si aprono
scenari inesplorati mentre il ricambio generazionale negli elettorati e
ramificate vie istantanee di comunicazione collettiva a distanza si
combinano a un aumento del divario tra i ricchi e i poveri, accentuato
dalla crisi economica cominciata nel 2008 e alto anche dove questa è
stata superata.
In un articolo intitolato «Come Internet sta
distruggendo la politica», il sito statunitense Vox Technology ha
osservato: vendendo libri sul web Amazon ha demolito librerie; per la
musica i servizi online di iTunes e Pandora hanno sradicato la potenza
di case discografiche; nel trasporto Uber ha colpito gli oligopoli di
società di tassisti. «Adesso tocca al sistema politico», è la tesi
dell’articolo. Nuove fonti di informazione in Rete erodono il potere
delle « media élite » determinando una competizione elettorale «più
aperta, e più caotica, che mai». Non è che le catene tradizionali per
distribuire informazioni e raccogliere fondi non contino più. Entrano
però in gioco, da posizioni meno subordinate, estranei ai circoli
consolidati. Non soltanto Trump, negli Usa. Vox ha constatato che Paul
Krugman e progressisti prestigiosi hanno definito irrealistica la
politica del socialista Bernie Sanders e ciò non ha impedito al
concorrente di Hillary Clinton per la candidatura presidenziale dei
democratici di accrescere i consensi. Perché?
«Una delle
principali ragioni del fallimento di questi attacchi è che tanti
sostenitori di Sanders non li hanno neppure visti». E come mai? Perché
su Internet volevano leggere articoli pro Sanders, non su Sanders.
Nell’analizzare comportamenti su Reddit , Facebook e Twitter , Vox ha
dato una spiegazione sui siti basati su condivisioni con amici: «Dato
che la gente tende ad avere politiche simili ai propri amici, significa
che i s ocial media tendono a rinforzare quanto la gente crede già».
Globalizzazione
e risurrezione di spiriti tribali appaiono antitetici, eppure coabitano
in questa epoca. Lo si vede in Africa e Medio Oriente. Non è escluso
che la seconda sia reazione alla prima. Non si abbia fretta di
catalogare grossolanamente in un’unica categoria tutti i cambiamenti in
corso senza l’umiltà di studiarli. In settori delle attuali classi
dirigenti si spera in una soluzione austriaca: la probabilità di una
presidenza dello xenofobo Norbert Hofer si è affacciata, poi è
evaporata. In Austria però l’ecologista Alexander Van der Bellen, che ha
vinto di misura, era un altro fuori dai giochi. E nulla garantisce
automaticamente che il dilatarsi di pulsioni antisistema, all’estero
anche antidemocratiche, resti sempre sotto le soglie necessarie per
conquistare presidenze di Stati.
A mancare è una sufficiente
capacità delle forze più collaudate di convogliare in circuiti
democratici energie esterne, prive di innata familiarità con la
democrazia occidentale. L’elezione di un musulmano a sindaco di Londra,
Sadiq Kahn, nato a Tooting da famiglia pachistana, indica che nella
capitale britannica il Partito laburista è riuscito a recepire esigenze
di rappresentanza inimmaginabili prima, benché non tali da impedire poi
su scala nazionale la sconfitta nel referendum.
Occorrono
strategie, lungimiranza.Va evitato che i partiti siano comitati
elettorali di singoli rinunciando a essere reti utili per crescite
collettive. L’intraprendenza dei giovani e la saggezza degli anziani si
scambino reciproci stimoli. Perché se la velocità della circolazione di
informazioni sembra proiettare in avanti, l’insicurezza incentiva
ritorni all’indietro, a integralismi, velleità restauratrici.
È
nella confusione immemore, condizione di mercato ideale per incantatori e
procacciatori di illusioni, che servono rotte e affidabili capacità di
guida. Alle energie della protesta i sistemi politici offrano canali
costruttivi, recependo in tempo istanze provenienti da fuori senza
lasciarle degenerare. E chi ha responsabilità resista alle tentazioni
della sondaggite, della politica usa e getta che pur di piacere non
indirizza più l’evolversi dello stato delle cose.