giovedì 23 giugno 2016

Repubblica 23.6.16
Pd, minoranza in pressing “Ora serve più sinistra” Renzi: stop alle correnti
Il premier: “Parliamo agli italiani, non di poltrone” Ncd: “Con il referendum finisce questo governo”
di Goffredo De Marchis

ROMA. Infilarsi in un dibattito sui cambi nella segreteria del Pd o sul rimpasto di governo non sarebbe una risposta alla sconfitta delle comunali. Così come parlare del referendum costituzionale di ottobre rispetto al quale, piano piano, Matteo Renzi modererà i toni apocalittici. «Dobbiamo capire come e dove possiamo fare meglio - dice il premier -. Apriamoci di più alle riflessioni e alle critiche dei cittadini ».
È un cambio della narrazione renziana, una strategia dell’ascolto finora poco praticata e dà anche l’immagine di un Paese che non è solo storie positive o successi. «Una discussione vera non sarà rimpiazzata dalla classica polemica sulle poltrone in segreteria o sul gioco delle correnti per tornare alla guida del partito. Non credo ai caminetti, anzi spalanchiamo le porte, altro che caminetti», avverte il premier.
Le correnti però si muovono. Cene, pranzi, riunioni in vista della direzione Pd di domani. E non solo nel partito di Largo del Nazareno. Martedì sera si sono visti i parlamentari di Area popolare (Ncd e Udc), il gruppo di Angelino Alfano. L’esito del vertice è sintetizzato nelle parole del capogruppo Maurizio Lupi: «Non passeremo all’appoggio esterno ma con il rerefendum il governo istituzionale finisce ». Quindi a ottobre ci sarà un «tagliando », nel quale entreranno il risultato della consultazione popolare, le modifiche all’Italicum e gli schieramenti per le future elezioni politiche. Stavolta ha l’aria di essere una sfida seria e non un nuovo penultimatum degli alfaniani perchè la scadenza è chiara e decisiva.
Ma di referendum e legge elettorale Renzi non parlerà o parlerà pochissimo nella direzione Pd. Non sono questi i temi su cui è maturato il cattivo dato delle comunali. Semmai occorre concentrarsi sulla «disuguaglianza», sulle periferie, sul malessere sociale, sulla crescita, si legge nella e news del premier. In pratica, confermando la valenza nazionale al voto di domenica cui aveva già accennato e prendendosi in carico le sue responsabilità.
Non è un caso che la sinistra interna si sintonizzi sulla stessa frequenza. Vuole lo scontro sul medesimo terreno di gioco. Oggi si riunisce la corrente di Bersani. Invita amministratori sconfitti e amministratori vincenti per raccontare le difficoltà del Pd sul territorio. La riunione si trasformerà in un duro attacco al renzismo e non sul versante delle poltrone o dei temi istituzionali. «Ci vuole una svolta a sinistra », dice il leader della minoranza Roberto Speranza. Dopo l’assoluzione totale all’incontro parteciperà anche Vasco Errani. Tra i neo sindaci parlerà il sindaco di Fiano Romano Ottorino Ferilli, cugino dell’attrice Sabrina che a Roma ha votato Virginia Raggi. IL succo vuole essere che il Renzi premier e il Renzi segretario hanno sbagliato tutto o quasi, sul modello dell’intervista di Romano Prodi a Repubblica.
«Esiste tante gente che non si sente fuori dalla crisi, Renzi invece gli racconta che la crisi è finita - argomenta Speranza -. Sotto i 25 anni il 40 per cento dei ragazzi continua a non avere lavoro e questo in parte spiega perchè il Pd ha perso tanti voti. Il Paese sta meglio, come racconta Palazzo Chigi? Evidentemente no».
La minoranza si è riunita ieri a pranzo con Pier Luigi Bersani. «Facesse quello che vuole sulla segreteria, sui rimpasti. Non ce ne importa nulla - insiste Speranza -. Ci importa molto di più l’immagine di un governo che è più vicino alle llobby anzichè ai cittadini come dimostra il voto sul referendum antitrivelle».
Parole che diventeranno il centro della riunione di oggi e l’arma da usare contro Renzi domani alla direzione del Partito democratico. Tutto è ora in movimento intorno al premier. Non soltanto la sinistra interna composta in larga parte da ex dirigenti dei Ds. La componente ex popolare del Pd fa altrettanto. Si riunisce, si consulta ed è la promotrice dell’idea di “spersonalizzazione” della partita di ottobre «perchè la riforma della Costituzione è più importante di tutto». Più esplicita la linea del deputato Giuseppe Lauricella, tra gli artefici delle proposte per cambiare l’Italicum, messa nero su bianco in una comunicazione interna: «Tra cambiare Renzi e non cambiare la Costituzione, io scelgo la prima ipotesi».