mercoledì 22 giugno 2016

Repubblica 22.6.16
Javier Cercas
Il 26 seconde elezioni in sei mesi. Lo scrittore: “Avranno la meglio gli intransigenti. Non mi fido di Iglesias”
“La Spagna alle urne arrabbiata con i politici Con un Psoe irrilevante si rischia il terremoto”
Podemos assicura che canalizzerà lo scontento in senso positivo, ma io non credo che ne verrà qualcosa di buono
In caso di sconfitta Pedro Sánchez sarebbe costretto a dimettersi. Il partito precipiterebbe nel caos
intervista di Alessandro Oppes

MADRID. «Il clima sociale è di rabbia, di rifiuto totale nei confronti della classe politica. Così, altrove, sono nati fenomeni come Berlusconi, Trump o Le Pen. Qui Podemos assicura che canalizzerà lo scontento in senso positivo. Ma io non credo affatto che dalla furia e dal risentimento, per quanto giustificato, possa venir fuori qualcosa di buono». È preoccupato lo scrittore Javier Cercas dall’avanzata del partito di Pablo Iglesias nei sondaggi, quando mancano appena 4 giorni alle politiche di domenica, le seconde elezioni in sei mesi, dopo la legislatura fallita per l’incapacità dei partiti di dar vita a un esecutivo.
Si è solo perso tempo, o questa nuova campagna che si conclude può servire a sbrogliare la matassa della politica spagnola?
«Se serve a qualcosa, è che può aiutare la gente ad apprendere. E mi riferisco più agli elettori che ai politici, che hanno maggiori difficoltà a trarre una lezione dagli errori. Succede una cosa molto strana: i due partiti che più seriamente hanno cercato di raggiungere un accordo nella legislatura precedente, Psoe e Ciudadanos, secondo tutti i sondaggi sono quelli che verranno castigati. In questo paese non siamo abituati a stipulare patti. Chi negozia, vuol dire che si arrende. Fa parte della nostra tradizione di intolleranza. Significa non capire che esiste la politica democratica, che vuol dire essere disponibili a cedere nell’accessorio per non cedere nell’essenziale. Temo che avranno la meglio i più intransigenti. Ovviamente, sempre che dalle urne britanniche non esca un voto pro-Brexit, che cambierebbe gli scenari in modo drammatico».
Eppure, in queste settimane, il tema Brexit così come i riferimenti alla politica europea sono stati quasi completamente assenti nel confronto politico.
«C’è un paradosso straordinario: la Spagna è uno dei paesi più europeisti della Ue, ma allo stesso tempo è quello in cui meno si parla dell’Europa. Soprattutto nelle campagne elettorali, perché il tema non porta voti, anche se la nostra dipendenza dall’Unione è enorme, il margine di manovra del governo è molto ridotto ».
Crede che, nonostante il fallimento dell’ultima legislatura, il livello di polarizzazione sia rimasto molto alto?
«Se, come temo, verranno premiati quei partiti che in questi mesi hanno ostacolato la formazione di un governo, cioè Pp e Podemos, il grado di polarizzazione resterà molto alto. Potremmo assistere a un grande terremoto, perché un partito fondamentale nella democrazia spagnola, il Psoe, può terminare confinato nell’irrilevanza. In caso di sconfitta, Pedro Sánchez sarebbe costretto a dimettersi, e questo potrebbe far precipitare il partito verso una sorta di pasokizzazione (da Pasok, i socialisti greci, ndr), verso il caos. Se succede, tanto i popolari come Podemos avranno raggiunto il loro obiettivo».
Pablo Iglesias, proprio ora che si è alleato con i comunisti, si dichiara socialdemocratico. Ha ancora senso ricorrere a un discorso di appartenenza ideologica in questa fase politica?
«Lo dovrebbe avere, perché servirebbe per spiegare che tipo di politica ogni partito ha intenzione di applicare. Se sono neoliberale prenderò certe decisioni, se sono socialdemocratico ne prenderò altre».
Ma Iglesias che politico è?
Ieri ha dichiarato che il pragmatismo è una strategia per arrivare al governo.
«E’ questo il punto. L’unica cosa chiara è che il suo obiettivo è quello di conquistare il potere. A me risulta estremamente complicato fidarmi di una persona come lui. Nello spazio di una settimana è capace di dire una cosa e l’esatto contrario. Passa dal comunismo alla socialdemocrazia. Un giorno proclama che il referendum in Catalogna è un’esigenza irrinunciabile e poi sostiene che è solo una proposta. È capace di mentire con una straordinaria tranquillità».