Repubblica 20.6.16
Né santi né peccatori siamo tutti outsider
NICOLA LAGIOIA
La vita ha senso solo cercandolo Tra Sartre, Camus e Dostoevskij il capolavoro di Colin Wilson
Nell’inverno
del 1954, uno scrittore inglese di ventitré anni, solo e squattrinato,
concepì il libro che lo avrebbe reso celebre. Il suo nome era Colin
Wilson, si era trasferito a Londra da Leicester, e dopo aver passato le
notti estive in sacco a pelo a Hampstead Heat per risparmiare, coi primi
freddi aveva trovato rifugio nella sala lettura del British Museum. Qui
scriveva romanzi incapaci di sollevarlo dalla condizione di indigenza
in cui si era ficcato. Era una vita dura. Ma era anche una vita
avventurosa.
Gli si farebbe torto dicendo che Wilson venerava i
grandi irregolari vissuti tra Otto e Novecento come Emma Bovary i
personaggi dei romanzi d’appendice. Ma solo un angry young man convinto
di trarre ispirazione dagli eroi estremi di Knut Hamsun poteva
ritrovarsi, il giorno di Natale, a smangiucchiare pomodori in scatola in
un’umida stanzetta di Brockley (sud di Londra), senz’altra compagnia
che se stesso e il cuore in pace.
A un osservatore borghese (a
quei tempi, in Europa, l’attributo non era privo di significato) la
situazione sarebbe parsa patetica. Ma Wilson si sentiva eroicamente solo
come il Raskòlnikov di Dostoevskij o il Malte Laurids Brigge di Rilke.
Così, quando il British riaprì i battenti dopo le festività, lui andò
dritto in sala lettura e scrisse le prime pagine di
The Outsider.
Erano le basi di un lungo e appassionato saggio che, scavando nelle
biografie di scrittori, artisti, filosofi capaci di vedere «troppo e
troppo lontano», provava a offrire nuove chiavi di lettura per il
problema contro cui molti di loro si erano schiantati (il terribile
conflitto tra società e singolo), nella speranza di scalfire un mistero
ben più vertiginoso e antico: qual è il nostro vero io? e cosa si
nasconde dietro l’apparenza di ciò che — ingannati dal sonno
dell’apparato percettivo — chiamiamo mondo? The Outsider regalò al suo
autore una fama esagerata. Uscì nel 1956, lo
stesso anno di
Ricorda con rabbia di John Osborne. I media si scatenarono, trasformando
Osborne e Wilson loro malgrado in ribelli da operetta. In Italia il
libro fu pubblicato da Lerici nel 1958 col titolo Lo straniero (la
parola outsider era all’epoca pressoché sconosciuta nel nostro paese) e
torna finalmente — traduzione di Thomas Fazi — per le edizioni Atlantide
nella sua intestazione originaria.
Uno degli aspetti più
affascinanti di The Outsider è che prova a entrare non tanto nelle vite
materiali, ma nelle menti e negli spiriti (la biografie interiori) di
personaggi come Friedrich Nietzsche, Fedor Dostoevskij, Vincent Van
Gogh, Ernest Hemingway, Vaclav Nijinskij, TS Eliot, Georges Gurdjieff,
Albert Camus... Per questi uomini, a un certo punto, la realtà non è più
il disegno razionale che tutti sostengono di vedere.
Non è chiaro
se ciò che sembrava un alfabeto conosciuto diventi all’improvviso un
bruto geroglifico senza più significato (il mondo, a cui la borghesia si
sforza tanto di attribuire una forma, in realtà non significa niente), o
se dietro quell’indecifrabilità si celi a propria volta qualcosa di
ulteriore, che riusciremmo ad afferrare se avessimo la forza di fare
della nostra vita un vero esperimento spirituale, come i mistici e i
santi del passato. L’outsider è così l’unico a «sapere di essere malato
in una società che ignora di esserlo». Di punto in bianco T. S. Eliot
vede Londra come la città irreale popolata di anime morte della
Waste
Land. Nietzsche viene fulminato dalla visione dell’eterno ritorno
passeggiando tutto solo in Engadina. Ciò che fino a pochi istanti prima
era la vita di ogni giorno, diventa insopportabilmente nauseante per il
Roquentin di Sartre. E così via. La dannazione degli outsider consiste
nello stare a metà strada tra gli uomini ordinari e i veri eletti.
Abbastanza sensibili da rendersi conto che la vita non è ciò che appare,
riescono con coraggio a trasformare la propria in una lunga e difficile
avventura dello spirito. Il problema è che non sono toccati dalla
grazia dei santi, così come non hanno la tempra che porta
all’illuminazione il bodhisattva della tradizione buddista. Non sono dei
dormienti, ma nemmeno dei totali risvegliati. È per questo che, non di
rado, la società li fa a pezzi. Nell’ultima parte della sua vita, Van
Gogh riesce a sottrarre anche un semplice albero o una sedia al dominio
dell’apparenza (finalmente riesce a vederli attraverso la sua arte), ma
questo non gli impedisce di spararsi un colpo di rivoltella. C’è
qualcosa di soprannaturale nella fresca virilità del Frederic Harry di
Addio alle armi, quasi che suoi i muscoli siano in contatto con lo
stoicismo del 300 a.C., però sappiamo com’è finito il suo autore. Mentre
danza, Nijinskij sente un dio dentro di sé, e tuttavia la possessione
non è abbastanza stabile da non farlo impazzire pochi anni dopo, così
come accadrà per Nietzsche.
Sono pochi gli outsider che si
sottraggono alla rovina. Colin Wilson fa gli esempi di Eliot e
Dostoevskij, in grado di tener duro fino a risolvere la propria
battaglia interiore nelle magnifiche sintesi dei Quattro quartetti e dei
Fratelli Karamazov. Ma leggendo The Outsider nel 2016, viene voglia di
proiettare questi ragionamenti nel presente. Viviamo in un’epoca che
neutralizza, mettendola a profitto, ogni forma di irregolarità. Basta
viaggiare a pelo d’acqua sul mondo dell’informazione per avere conferma
di come ogni difformità riceva spazio purché filtrata dai codici
(spettacolarità o conformismo) che ne distruggono il messaggio. Si
abbassa un attimo la guardia, e una vocazione autentica si è già
lasciata trasformare in fenomeno da baraccone.
Eppure di una
radicalità nemica del fanatismo, di una ricerca del trascendente che non
tragga linfa da megalomania o sete di potere ci sarebbe bisogno. Tutti,
in cuor nostro, sappiamo che il discorso mainstream ci sta rendendo
solo più poveri, infelici, aggiornati, lontani da una vita a cui
riconosciamo bellezza e senso. Eppure — come fece Colin Wilson nel
Natale del ‘54 — basterebbe guardare dall’altra parte.
IL LIBRO L’Outsider di Colin Wilson ( foto) ( r. Thomas Fazi, Atlantide, pagg. 400, 35 euro)