Repubblica 19.6.16
Da Platone a “Sottomissione” quel che resta delle utopie
di Francesca Bolino
Per
immaginare un’utopia ci vuole molta fede nel progresso storico e
sociale, addirittura nella possibilità della perfezione. Per costruire
una distopia, quella fede, invece, bisogna averla completamente perduta.
L’eroe dell’Educazione sentimentale di Flaubert, Frédéric Moreau,
guarda le rivoluzioni come uno spettacolo comico: non ha mai avuto
illusioni. Il Julien Sorel di Stendhal, invece, non perde entusiasmo per
Napoleone, nemmeno dopo la sconfitta. La visione distopica è
caratteristica delle società in decadenza. A voler leggere tutto questo
nello spirito del tempo contemporaneo, si direbbe che la crisi delle
socialdemocrazie europee è il segnale della fine dell’illusione
nell’evoluzione costante e progressista della società. I grandi
utopisti, da Platone in poi, sono sempre stati dei critici feroci delle
rispettive società. Talvolta, come è accaduto con Nietzsche, un pensiero
può essere piegato sia in senso utopico che distopico. La dualità del
pensatore tedesco, scrive la filosofa ungherese Agnes Heller in questo
saggio dove, con Riccardo Mazzeo, ripercorre la “storia e i limiti
dell’immaginazione”, riflette in realtà la spirito storico della seconda
metà del diciannovesimo secolo: «Il progresso perse il suo splendore,
la vita divenne piccolo borghese e noiosa, l’amore romantico diventò
vittoriano». L’illusione del progresso si trasferì nell’immaginazione
artistica e, “ismo” dopo “ismo”, l’arte più che la politica assorbì la
funzione utopica, mentre la rivoluzione dell’epoca, quella
psicanalitica, favorì uno stato d’animo che era il contrario
dell’utopia. Fu Freud a mettere in ridicolo l’idea dell’utopia assoluta
di una qualunque rivoluzione antropologica. E ora? Le ideologie
totalitarie e le loro pratiche politiche del XX secolo hanno spazzato
via tutte le utopie precedenti e il rovesciamento della percezione delle
tecnologie appare come l’addio alla speranza di un mondo migliore. Come
Houellebecq in Sottomissione l’addio può avvenire solo se si smette di
credere nei valori fondanti della nostra civiltà europea. Eppure ci sono
così tante buone ragioni per continuare a credere.
IL VENTO E IL VORTICE di Ágnes Heller e Riccardo Mazzeo ERICKSON PAGG. 152 EURO 14,50