Repubblica 19.6.16
Il Giudizio Capitale nelle città che vogliono tornare protagoniste
Dopo i tentativi di cancellare Province e Comuni, sale una domanda di rivendicazione da parte del territorio
di Ilvo Diamanti
STANOTTE,
 quando i risultati saranno noti, scatterà immediatamente l’esercizio 
più noto del dopo-voto. La ricerca dei vincitori. Ma, soprattutto, degli
 sconfitti. Sempre e comunque “gli altri”. Lo sconfitto: è sempre 
l’altro. Il vincitore che non ha vinto nella misura pronosticata. 
“L’altra” corrente, “l’altro” leader del partito. Cittadino ma, 
soprattutto, nazionale. Tanto più in questo caso. Perché i contendenti 
sono il Pd di Renzi — il Pdr — e gli “altri”. Che cambiano, a seconda 
delle città.
Ma gli occhi sono puntati, principalmente, sul M5S. I
 giudizi nei suoi riguardi, dopo il primo turno, sono contrastanti. 
Dipende dal punto di vista, dal campo di osservazione. Se ci 
concentriamo sulle 143 maggiori città al voto, nelle 114 città dov’era 
presente con la propria lista e i propri candidati, il M5S risulta 
sostanzialmente stabile, rispetto al voto europeo (1 punto in meno). Ma 
il discorso cambia se escludiamo Roma e Torino. Allora, il calo appare 
più significativo: quasi 7 punti. E ciò spiega le polemiche sulle 
valutazioni del voto.
Il M5S se la prende con chi (istituti di 
ricerca e di sondaggi compresi) sostiene che sarebbe in sostanziale 
calo. Mentre, dall’altra parte, il Pdr afferma di avere vinto, grazie 
alle performance ottenute nell’insieme dei comuni dove si votava. Il 
fatto è che i risultati elettorali si possono leggere in diversi modi. 
Ma ciò che conta, alla fine, è la percezione “generale” presso 
l’opinione pubblica.
Che, a sua volta, riflette il “punto di vista” degli attori e degli osservatori politici. Oltre che, ovviamente, dei media.
Alle
 elezioni politiche del 2013 Silvio Berlusconi e il centrodestra persero
 le elezioni ma vinsero il dopo-voto. Perché tutti lo immaginavano fuori
 gioco, doppiato dal Pd di Bersani. Invece, il deludente esito del 
centrosinistra e il successo del M5S rimisero in gioco Berlusconi. Che 
rientrò al centro della scena politica.
“Oltre ogni aspettativa”.
Alle europee del 2014, invece, fu il M5S a perdere il dopo-voto.
Nonostante avesse raggiunto il 21%. Secondo partito in Italia.
Ma
 Grillo aveva “minacciato” il sorpasso. E il Pd di Renzi lo doppiò. Così
 un risultato promettente divenne deludente. Dico questo per chiarire 
come il giudizio sul voto dipenda, in grande misura, dalle attese. E dai
 principali obiettivi “fissati” dagli attori e dagli osservatori 
politici. Così e per questo, al di là del bilancio dei comuni dove si è 
votato e in ballottaggio, il giudizio finale e definitivo dipenderà — 
inevitabilmente — dal risultato nelle maggiori città al voto. Le 
Capitali. Roma, anzitutto. Poi Milano, dove è depositato il capitale di 
credibilità del Pdr e di Renzi stesso. Ancora: Napoli, Torino. E 
Bologna. Senza dimenticare gli altri capoluoghi di provincia e di 
regione. In particolare: Trieste. Il limes d’Italia.
Tuttavia, il 
risultato già ottenuto dal M5S a Roma e Torino ha orientato la lettura 
della consultazione. E se dovesse conquistare (almeno) una delle due 
“capitali” dove è in ballottaggio, al di là di ciò che avverrà nelle 
altre 20 città maggiori nelle quali i suoi candidati sono ancora in 
gioco, allora si aprirebbe una stagione nuova. Dove il dualismo fra 
Stato e Città si riproporrebbe. Più forte che in passato. Soprattutto se
 in Italia emergesse una “capitale a 5 stelle”. Osservatorio permanente 
sulla politica dell’antipolitica. Sul governo del partito-non partito. 
Portabandiera della “democrazia diretta”. Promosso, con successo, dalla 
“democrazia rappresentativa”. Cioè: attraverso i consiglieri e il 
sindaco eletti dai cittadini.
D’altra parte, anche altrove si 
respira questa domanda di ri-vendicazione che parte dal territorio. 
Questa voglia di “cambiare” che non riflette — necessariamente — la 
degenerazione dei contesti interessati. Per capirci: a Roma il peso 
degli scandali ha delegittimato partiti e politici principali. Ma a 
Torino il giudizio degli elettori sul governo locale e sul sindaco in 
carica, Piero Fassino, è positivo. Come a Milano, nei confronti della 
giunta Pisapia e del sindaco stesso. Come a Bologna, verso la giunta 
Merola. Eppure, in queste città, il voto dei cittadini ha dato forza 
alle alternative. Al centrodestra a Milano, al M5S a Torino. 
All’opposizione leghista a Bologna. Come se, al di là di valutazioni 
specifiche, spirasse forte la voglia di cambiare. Un clima d’opinione 
evidente, a maggior ragione, a Roma. Mentre a Napoli il sindaco De 
Magistris ha riassunto, da solo, entrambi i sentimenti. La domanda di 
cambiare e di opposizione. Che sale dal territorio. Nei confronti del 
governo e il potere centrale. Cioè, contro il Pdr di Renzi.
Perché,
 a mio avviso, è questa la chiave di lettura delle elezioni 
amministrative. Dopo il primo turno. Il ritorno prepotente del 
territorio e delle città. Dopo una stagione, lunga, di rimozione. Dopo 
la scomparsa — presunta — delle province. Non ancora sostituite, nelle 
competenze. (L’attuale presidente dell’Upi — l’Unione delle province — 
Achille Variati, peraltro sindaco di Vicenza, guida, per questo, l’Isola
 che non c’è…). Dopo l’archiviazione della riforma del titolo V della 
Costituzione (sancita dal referendum del prossimo ottobre, se 
approvato).
Il Territorio, le Città: cercano visibilità. 
Protagonismo. Attraverso Sindaci — a loro modo — antagonisti, rispetto 
al sistema politico tradizionale e ai centri dello Stato nazionale. 
Attraverso forze politiche anti-politiche (almeno, a parole). Perché 
sono passati quasi venticinque anni dalla fine della prima Repubblica. 
Avvenuta, non lo dimentichiamo, a Milano. Ad opera dei magistrati. 
Spinta dal “Partito dei Sindaci”. E sono passati cinque anni dalla fine 
della seconda, fondata da Berlusconi — e dalla svolta im-politica del 
governo Monti. Eppure il vento soffia ancora. Così, nelle città sale una
 voglia — indefinita — di cambiare. Di nuovo. Il voto di oggi ci dirà se
 e quanto questa sensazione sia radicata e diffusa. Per quel che mi 
riguarda, io, cittadino dell’Isola che non c’è, circondato dal “nuovo 
che avanza”: ammetto di sentirmi un po’ sperduto.
 
