Corriere 19.6.16
Il nodo affluenza tra rincorse (e meteo)
Sondaggisti divisi su quanto l’astensione potrà pesare ai ballottaggi dopo il calo ai seggi del primo turno
Le incognite: la tenuta del Partito democratico, la spinta del Movimento 5 Stelle e il fattore «geografico»
di Alessandro Trocino
ROMA
 Se c’è una bestia nera per i sondaggisti, è l’astensione. «Tanto vale 
consultare i Ching», scherza Nicola Piepoli. Nel senso che pronosticare 
la percentuale di chi rimarrà a casa è ancora più difficile che 
prevedere chi vincerà, da un punto di vista scientifico. Ma, oroscopi e 
oracoli a parte, gli elementi di riflessione non mancano, soprattutto in
 un Paese nel quale l’affluenza continua a calare, falcidiata dalla fine
 delle ideologie (se non proprio delle idee), dalla disillusione degli 
elettori e da un crescente disagio nei confronti della politica.
Tra
 il primo e il secondo turno è fisiologico un calo ulteriore dei 
votanti. Gli istituti di ricerca attribuiscono questa flessione a 
diversi fattori: l’inutilità percepita del voto di fronte a un risultato
 dato per scontato, il non voto degli elettori dei candidati esclusi dal
 ballottaggio e, non ultime, le condizioni meteorologiche.
Secondo
 i dati dell’Istituto Cattaneo, mediamente l’astensione tra i due turni 
cresce di oltre 15 punti percentuali. Per esempio, alle elezioni del 
2010, si era passati dal 74,1 al 58,4 per cento. Nel 2013, dal 67,7 al 
52,2 per cento. Nel 2014, dal 71,5 al 52,3 per cento. Ma c’è da 
considerare un dato: nel primo turno di queste elezioni, l’affluenza è 
scesa drasticamente al 62,1 per cento.
È il motivo per cui non ci 
dovrebbe essere un vero crollo del voto nel secondo turno, come spiega 
Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè: «È probabile che ci sarà un 
piccolo aumento dell’astensione, di poco superiore al 5 per cento. Un 
calo moderato dei votanti, dovuto al fatto che l’emorragia c’è stata già
 al primo turno: chi non voleva votare, si è già astenuto». Ma un calo 
ci sarà comunque, sostiene Buttaroni: «Per la fine del voto ideologico, 
ma anche per una campagna elettorale piuttosto fiacca».
Chi 
colpirà questo calo dell’affluenza? «Al primo turno ha riguardato 
soprattutto il Partito democratico. Al secondo è difficile stabilirlo». 
Il possibile avvento dei Cinque Stelle non è percepito dagli elettori 
del centrosinistra come un pericolo contro il quale mobilitarsi, modello
 coalizione antidestre: «Non c’è questa percezione, anche perché, che la
 Raggi arrivasse al ballottaggio e potesse diventare sindaco, era già 
ben presente al primo turno. E se c’è stata questa reazione, si è già 
manifestata il 5 giugno». Quello che è certo è che la percentuale di 
astenuti non sarà affatto irrilevante rispetto al risultato finale: 
«Conterà soprattutto dove il risultato è più incerto — spiega Buttaroni —
 come a Milano e a Torino».
Piepoli ostenta, come detto, 
scetticismo: «È impossibile da capire quanti voteranno ma soprattutto: 
conta solo chi va a votare, non chi non va. Io credo che alla fine possa
 essere abbastanza equivalente la percentuale di chi si astiene al primo
 o al secondo turno. Probabilmente cambieranno gli elettori, ma non il 
risultato: io, per esempio, non sono andato a votare al primo turno e 
andrò al secondo. Altri faranno il contrario. E il risultato si 
compenserà».
Fabrizio Masia, direttore di Emg, non si attende 
«cali vertiginosi»: «C’è una tendenza generale a un calo di affluenza al
 secondo turno, ma ci sono eccezioni: a Milano alle Comunali del 2011 
l’affluenza tra primo e secondo turno era stata sostanzialmente uguale. E
 non credo che cambierà questa volta: anche perché i due candidati 
milanesi insieme hanno raggiunto l’80 per cento dei consensi e nel primo
 turno ha inciso molto il ponte».
C’è un dato che può far 
riflettere: «Spesso il Movimento Cinque Stelle ha dato prova di 
recuperare voti e affluenza al secondo turno. Pensiamo a Livorno e 
Parma: due città nelle quali i loro candidati erano sotto anche di 15-20
 punti al primo turno. Alla fine, sono riusciti a superare gli 
sfidanti». Il perché è presto detto: «I Cinque Stelle non fanno troppa 
paura a nessuno, né a sinistra né a destra. Questo, in considerazione 
della composizione del loro elettorato: una metà è costituita da persone
 che non hanno un orientamento politico definito, l’altra metà si divide
 sostanzialmente in parti uguali tra elettori di destra e di sinistra. E
 quindi, quando si tratta di recuperare voti, riescono a farlo su 
entrambi i fronti ideologici, con l’aggiunta di chi non ha 
un’appartenenza definita».
Infine, c’è da tener presente il dato 
geografico: «L’aumento dell’astensione al ballottaggio — secondo Pietro 
Vento, di Demopolis — riguarderà soprattutto Roma, Napoli e le città del
 Centro Sud».
 
