venerdì 17 giugno 2016

Repubblica 17.6.16
Il caso nel pd e le liti a sinistra
di Marc Lazar

OLTRE a testimoniare dell’asprezza delle lotte interne al Pd, il “caso” Massimo D’Alema è rivelatore di uno scontro fratricida più ampio. In tutte le formazioni di sinistra europee sono in atto lacerazioni profonde e complesse, che però non contrappongono riformisti e rivoluzionari, come avveniva in passato. Ad esempio agli albori del XX secolo, quando in seguito alla vittoria dei bolscevichi e all’appello di Lenin sorsero nuovi schieramenti nati dalle scissioni dei partiti socialisti, dando vita a due famiglie distinte: i comunisti e i socialdemocratici. Vi furono tra loro alcuni momenti di unità, più durevoli in Italia che altrove, e lunghe fasi di rivalità estremamente dure, a volte suicide. Sotto la Repubblica di Weimar i comunisti tedeschi denunciarono il «social-fascismo», sostenendo — nel momento stesso in cui Hitler iniziava la sua ascesa al potere, conquistato poi nel 1933 — che «l’albero nazista non deve nascondere la foresta socialdemocratica». In Francia, durante la guerra fredda, il leader socialista Guy Mollet diceva che i comunisti non erano a sinistra ma all’Est.
Oggi le sinistre europee si suddividono in tre grandi sensibilità, a loro volta molto composite, che rimangono talora all’interno di uno stesso partito, ma spesso si organizzano autonomamente. La sinistra della sinistra, con tutte le sue varianti — Sel in Italia, Podemos e Izquierda Unida in Spagna, il Parti de gauche in Francia, Die Linke in Germania — continua a perseguire la grande alternativa al capitalismo; mentre la sinistra socialdemocratica, e dunque riformista, vuol rimanere fedele alla sua tradizione. In quest’ultima categoria si possono collocare sia Bersani che D’Alema, la fronda del partito socialista francese, ma anche Jeremy Corbyn in Gran Bretagna. C’è infine la componente social-liberale lanciata da Tony Blair e Gerhard Schröder, che ha spostato le linee della contrapposizione abituale tra destra e sinistra, ora impersonata da Matteo Renzi, Manuel Valls e François Hollande, o anche, in forma diversa, dal giovane ministro dell’Economia francese Emmanuel Macron.
Ciò che colpisce oggi è la violenza degli scontri interni alle sinistre. I loro dissidi reali, benché non fondati su corpus dottrinari ben definiti come ai tempi del comunismo, provocano antagonismi sempre più virulenti, che a volte degenerano in espressioni di vero e proprio odio reciproco. In Francia l’ossessione degli oppositori interni al partito socialista è provocare la caduta del premier Manuel Valls; mentre Jean-Luc Mélenchon, capo del Parti de gauche, pensa solo a superare François Hollande alle prossime presidenziali, pur sapendo benissimo di non avere alcuna possibilità di essere eletto. Il principale bersaglio di Podemos e di Izquierda Unida è il Partito socialista spagnolo. Quanto alla sinistra del Pd, ha un unico obiettivo: quello di eliminare Matteo Renzi. Ma anche la sinistra social-liberale non è da meno: Manuel Valls ad esempio ha dichiarato che la sinistra moderna e quella tradizionale, come le definisce, sono inconciliabili, e propugna una grande rifondazione; mentre per Macron l’antagonismo destra-sinistra andrebbe superato una volta per tutte. Si ha dunque l’impressione che ciascuna delle sinistre veda il suo principale avversario, se non addirittura il nemico numero uno, alla propria sinistra.
Ma non è affatto certo — e questa è un’altra caratteristica della politica europea — che tali divisioni favoriscano automaticamente le destre. Il centrodestra italiano è a pezzi, in Germania la questione dei migranti provoca forti contrasti all’interno della Cdu-Csu, il partito conservatore britannico si è spaccato su Brexit, mentre i repubblicani francesi si presentano pericolosamente frammentati in vista delle future primarie. Quanto al Partito popolare spagnolo, è in testa per le elezioni del 26 giugno, ma con intenzioni di voto al disotto del 30%, in forte calo rispetto ai risultati ottenuti in passato.
Di fatto, i partiti di governo sono generalmente sotto accusa, a tutto vantaggio degli schieramenti di protesta, assai diversi tra loro: dal Movimento 5 Stelle, tanto difficile da classificare, ai partiti di estrema destra come il Front National, o a quelli che si collocano a sinistra della sinistra. Questi partiti o movimenti avanzano quasi inesorabilmente, approfittando dei disagi sociali e delle paure che pervadono le nostre società, alimentate ad esempio dai flussi migratori o dalla diffidenza generalizzata verso le istituzioni, i partiti tradizionali, le classi dirigenti e l’Unione Europea. È dunque in corso, in Italia come in Europa, un profondo e pericoloso rimescolamento politico. La sinistra, impegolata nei suoi conflitti interni e nelle sue rivalità di leadership, si dimostra incapace di comprendere la portata delle mutazioni in atto e le enormi sfide che gravano sulle nostre democrazie. E soprattutto, di far sentire su di esse il proprio peso.
(Traduzione di Elisabetta Horvat)