Repubblica 17.6.16
Aveva appena incontrato gli elettori a
Leeds: “Gli immigrati non sono un motivo per uscire dall’Europa”. Il
marito: “Combatteva l’odio”
“Era la ragazza dei diritti umani lottava per un mondo migliore”
di Enrico Franceschini
LEEDS.
Ci sono agenti con il dito sul grilletto, fuori dall’ospedale, ma non
servono più a nulla. Dentro il Leeds Infirmary Hospital, Brendan Cox fa
circolare il primo epitaffio di sua moglie: «Jo era una donna che
credeva in un mondo migliore e lottava per questo scopo ogni giorno. Ora
vorrebbe una sola cosa: che lottassimo tutti uniti contro l’odio che
l’ha uccisa. Perché l’odio non ha credo, razza o religione. L’odio è
velenoso».
Estirpare veleno era il suo mestiere: prima come
attivista dei diritti umani con organizzazioni come Oxfam e Save the
Children, poi dallo scorso anno come deputata del Labour alla camera dei
Comuni, occupandosi di rifugiati siriani, votando per fare accogliere
3mila piccoli profughi nel Regno Unito. Cosa significhi l’allusione di
suo marito all’odio, lo spiegherà nei prossimi giorni la polizia: Tommy
Mair, l’inglese bianco di mezza età agli arresti per l’omicidio, ha
gridato “Britain first” mentre le sparava e l’accoltellava, ma il
partitino xenofobo che risponde a quella sigla prende le distanze
dall’attacco. «Le armi sono state recuperate addosso all’imputato, non
cerchiamo altri sospetti», dice il commissario capo Dee Collins. Più che
un lupo solitario, l’assassino ha l’aria di un pazzo solitario.
A
Birstall, mezz’ora d’auto dall’ospedale, cordoni di plastica isolano
l’ingresso di “Delicious”, il luogo del delitto, aun caffè affacciato su
Market street. In questo tranquillo sobborgo di Leeds: all’una del
pomeriggio è pieno di gente che fa shopping e colazione. Anche Jo Cox si
accinge a uno spuntino, dopo l’incontro con gli elettori nella vicina
biblioteca pubblica, parte della sua campagna in favore di “Remain”, per
far rimanere la Gran Bretagna nella Ue: «Gli immigrati sono un problema
», dice cercando di rassicurare una comunità in declino economico,
«tuttavia non sono una buona ragione per uscire dall’Europa». Non
arriverà mai al suo lunch: sulla porta del bar, l’aspetta un uomo con un
berretto da baseball bianco. «Ho sentito pop-pop, come un palloncino
che scoppia», racconta Clarke Rothwell, il proprietario, «e ho visto
questo tizio sulla cinquantina con una pistola in mano che sparava a una
donna con una giacchetta rossa: una volta, due volte, e quando lei è
crollata a terra le è andato sopra e le ha sparato un terzo colpo in
faccia. Un uomo gli si è buttato addosso, lui si è divincolato, ha
tirato fuori un coltello e ha cominciato a menare colpi anche con quello
sulla poveretta, almeno mezza dozzina di coltellate».
Un
passante, Hitem Ben Abdallah, fornisce una versione diversa: l’assassino
avrebbe avuto un alterco con qualcun altro, la deputata sarebbe
intervenuta per dividerli e a quel punto sono risuonati gli spari.
«Continuava a tirarle calci come un ossesso, mentre lei era a terra»,
ricorda Abdallah. «Tutti gridavano e scappavano, nella confusione il
tizio si è allontanato lentamente, indisturbato», conclude il padrone
del caffè.
Non fugge troppo lontano, l’aggressore: due poliziotti
lo fermano 15 minuti più tardi in una viuzza laterale, ammanettandolo a
faccia in giù sull’asfalto. Lo portano alla centrale, dove viene
identificato e interrogato. Per raccogliere indizi sul movente agenti
della scientifica entrano nella sua abitazione a Field Hall, council
house di Birstall, gli alloggi popolari per i poveri. «Sembrava una
persona per bene, viveva solo, era silenzioso, badava ai fatti suoi»,
testimonia un vicino di casa.
Il sito di un giornale trova e
pubblica una sua foto in uniforme mimetica: forse un dettaglio
insignificante, forse la prova dell’ideologia militarista. Comunque il
ritratto di un emarginato: terreno perfetto per xenofobia, odio e
follia. Ma se nessuno al momento sembra conoscere bene l’assassino, a
Leeds tutti conoscevano Jo Cox. La chiamavano «la ragazza dei diritti
umani». Prima della classe a scuola, laurea a Cambridge, un lungo
servizio nelle organizzazioni umanitarie, una passione condivisa con il
marito Brendan. Erano finiti insieme a Londra, consiglieri l’uno del
primo ministro Gordon Brown, l’altra della first- lady Sarah Brown
(«Siamo devastati», commentano l’ex-premier e la moglie). Nella capitale
erano nati i due bambini della coppia. E mentre tanti deputati prendono
una casa di rappresentanza, Jo quando è entrata in parlamento ha
preferito una chiatta: ormeggiata in un canale che sfocia nel Tamigi,
nei pressi di Tower Bridge. È l’immagine che il marito posta su Twitter —
lei in maglione e pantaloni, sorridente, appoggiata alla casetta
galleggiante — quando i chirurghi gli comunicano che non sono riusciti a
salvarla, nell’ospedale dove l’ha trasportata un’ambulanza.
«Ha
avuto un’esistenza perfetta, meravigliosa», concordano gli amici
raccolti in una veglia all’uscita del Leeds Infirmary Hospital. Ma si è
conclusa con una morte terribile. «Oggi inizia un nuovo capitolo delle
nostre vite», recita l’epitaffio di suo marito, «un capitolo più
difficile, più doloroso, meno allegro, meno pieno d’amore, ma io e gli
amici di Jo e i suoi familiari non sprecheremo un attimo per far
crescere i nostri figli nell’amore e per lottare contro l’odio che ha
ucciso Jo».
Quell’odio velenoso che ha fermato la campagna del referendum e diffonde un brivido di orrore nelle strade di Leeds.