Repubblica 15.6.16
Frederick Forsyth
“Xenofobia e politica feroce sono il male del nostro tempo”
“Il
mondo globalizzato, colpito dall’incertezza economica, ha paura del
nuovo e cerca nemici sui quali scaricare il proprio odio Succede
ovunque. E potrebbe stravolgere le nostre abitudini democratiche”
intervista di Enrico Franceschini
LEEDS.
«L’opera di un folle, in tempi di xenofobia dilagante e di una politica
che esagera per avere ragione». Così Frederick Forsyth, autore di tanti
thriller e lui stesso agente dei servizi segreti britannici, come ha
rivelato di recente nella sua autobiografia, “L’outsider, il romanzo
della mia vita”, giudica il fatale attacco alla deputata laburista Jo
Cox. «Non si può certo scaricare la responsabilità di un simile gesto su
chi fa campagna per Brexit, ma un clima politico esagerato e inferocito
agita gli animi ovunque, non soltanto nel nostro paese », dice lo
scrittore a “Repubblica” al telefono dalla sua casa di Londra.
Signor Forsyth, cosa pensa di questa brutta storia?
«Sembra
l’opera di un folle, un singolo pazzo e il mondo purtroppo ne è pieno.
Quali che fossero le sue motivazioni, l’episodio ha la dinamica di un
gesto spontaneo, irrazionale, incontrollabile. Nulla di organizzato ».
Sembra
che abbia gridato “Britain first”, prima la Gran Bretagna, mentre le
sparava, «Quelle parole non fanno di lui un patriota, questo è sicuro.
Dimostrano soltanto che la xenofobia è un male sempre più diffuso. È
sempre esistita, ma in tempi di incertezza economica, di paura del
nuovo, è aumentata come se fosse una valvola di sfogo. Lo straniero,
immigrato o meno, viene visto come il nemico: succede nel nostro paese,
ma non solo, è un fenomeno presente in tutta Europa, a livello politico e
non solo, basta pensare agli episodi di violenza degli ultimi giorni
fra gli hooligans di varie nazioni agli europei di calcio. Viviamo in un
mondo globalizzato e multietnico, eppure, o forse proprio per questo,
l’odio dei diversi è diventato il male della nostra epoca».
Nessuna responsabilità da parte della campagna per Brexit? Anche da lì sono partite invettive contro immigrati e stranieri.
«A
gridare direi che è soltanto Nigel Farage, il leader dell’Ukip, un
partito che ha fatto della xenofobia quasi una bandiera. La corrente del
partito conservatore che si batte per l’uscita dalla Ue si limita a
dire che è impossibile continuare ad accettare un’immigrazione senza
controlli. Ci sono state esagerazioni da entrambe le parti, il primo
ministro Cameron ha evocato addirittura il rischio della terza guerra
mondiale in caso di Brexit. Tutto ciò è disdicevole, dà un’idea di come
il dibattito politico sia sceso in basso anche da noi, che pensavamo di
essere più seri di altri, ma un conto è spingere l’acceleratore del
populismo, un altro è sentirsi responsabili di un tragico fatto come
questo».
Pensa che la morte di Jo Cox possa influire sulla campagna per il referendum?
«Spero
di no, perché non sarebbe giusto prendere una decisione così importante
per il futuro del nostro paese sulla base del gesto di un pazzo
omicida. Ma entrambe le parti hanno fatto bene a sospendere la campagna
in segno di cordoglio. Siamo tutti scioccati da quanto è accaduto.
Auguriamoci che, quando riprenderemo a parlare di politica, lo faremo
tutti in tono più pacato».
Il fatto che un uomo politico possa
essere attaccato e ucciso in questo modo in pieno giorno deve spingere a
maggiori misure di sicurezza?
«Non c’è niente che possa mettere
al sicuro i politici o chiunque altro da attacchi di questo genere. Non
possiamo rinunciare alla nostra libertà né mettere un poliziotto armato a
ogni angolo di strada. Né il terrorismo, né i pazzi isolati, devono
farci perdere le nostre abitudini democratiche. E questo vale
soprattutto per i politici, che devono stare tra la gente, non isolati
nel palazzo del potere. Seguendo l’esempio di Jo Cox, caduta mentre
faceva il suo lavoro».