Repubblica 16.6.16
I confini del Mein Kampf
risponde Corrado Augias
STIMATO
signor Augias, ho letto che un giornale di destra italiano regala il
libro di Hitler “Mein Kampf” dicendo che anche in Germania era stato
fatto lo stesso. Non è vero. In Germania il famigerato libro non è stato
pubblicato per 70 anni. Solo a gennaio di quest’anno, dopo l’estinzione
dei diritti d’autore, il prestigioso Institut für Zeitgeschichte di
Monaco e Berlino ha presentato un’edizione scientificamente commentata.
Questa edizione è stata preparata da anni da un gruppo di storici
specializzati. 1966 pagine, corredate da più di 3500 annotazioni che
cercano di rendere in evidenza la storia del pensiero di Hitler, le
radici, di correggere errori, spiegare riferimenti alla storia
contemporanea. Soprattutto intraprendono un confronto tra il programma
di Hitler e quello che è stato poi realizzato. In Germania l’edizione
originale è costata 59 € (tascabile 16,90 €) ed è subito diventato un
bestseller; solo all’inizio del mese di maggio, dopo sei mesi è uscito
dall’elenco dei dieci libri più venduti. È importante sapere che in
Germania la pubblicazione del libro di Hitler è stata preceduta da
decenni di un dibattito profondo e vivace sull’opportunità di una sua
pubblicazione. Quello che Il Giornale ha fatto adesso, è proprio quello
che in Germania non si è voluto fare. Anche se non vedo che questo
libro, incomprensibile e poco seduttivo, possa spingere qualcuno a
imitare le gesta di Hitler, ma c’è una moralità che va difesa —
soprattutto in questi tempi.
Sabine Heymann
HO
LETTO la prefazione che lo storico contemporaneista Francesco Perfetti
(Luiss, Roma) antepone per una dozzina di pagine al volume. Nonostante
le dichiarate simpatie politiche del professor Perfetti, la presa di
distanza dallo scritto di Hitler è abbastanza netta anche se un tema
così sanguinoso avrebbe meritato ben altro approfondimento. Una cautela
editoriale comunque fragile. Il volume riproduce in anastatica
l’edizione fascista pubblicata (Bompiani) tra il 1934 e il 1937. C’è la
breve prefazione allora scritta ad hoc dal Fuhrer e una “Vita di Adolf
Hitler” redatta con molta enfasi. Il tono di questi contributi
stabilisce la vera temperatura del volume delineando la figura di un
eroe, come del resto l’asservimento dell’Italia fascista al Reich
imponeva. Nulla quindi a che vedere con le cautele storico-critiche di
ben altra serietà adottate in Germania dopo lungo dibattito. Non so
perché il direttore de Il Giornale abbia preso una decisione di tale
gravità. Sono state fatte molte ipotesi che vanno dalla simpatia
personale per quei giorni al calcolo elettorale in vista dei
ballottaggi. Si tratta di illazioni e non ho elementi per commentarle.
So per certo che pubblicare un volume che ha avuto un tale peso
criminale nella storia umana comporta una responsabilità morale (come
sottolinea anche la signora Heymann) che la frettolosa edizione
italiana, a voler essere benevoli, ignora: il 1937 è l’anno che precede
la promulgazione delle leggi razziali il cui fondamento si trova in
queste pagine.