Repubblica 16.6.16
Il caso.
Dopo lo sciopero la sera
della partita della Nazionale parla il direttore generale Rettighieri:
“Da quando sono arrivato calati i furti nei depositi e ridotto di due
terzi il consumo di gomme”
Ogni anno 111mila ore di distacchi
sindacali non giustificati: un danno di 5 milioni di euro Tra dipendenti
e familiari l’azienda alle elezioni può valere 70mila preferenze
di Carlo Bonini
ROMA.
Esiste un luogo della pubblica amministrazione dove la furbizia è la
regola, lo sperpero e il saccheggio di risorse un mantra, il
consociativismo clientelare della politica e dei sindacati il cemento
che da quarant’anni li tiene insieme. È l’Atac, l’Azienda
municipalizzata dei trasporti di Roma, tra le più grandi d’Europa.
Numeri da tribunale fallimentare — 12 mila dipendenti, 1 miliardo e 500
milioni di euro di debito, 80 milioni di rosso nel 2015, un parco
automezzi “teorico” di 1980 veicoli ed effettivo di 1.410, con un’età
media di dieci anni e qualche milione di chilometri — un livello di
disservizio che non ha eguali in Italia, 11 sigle sindacali (alcune non
raggiungono i 100 iscritti), ma una straordinaria forza. Da sola, Atac,
con i suoi dipendenti, le loro famiglie e famigli, il suo indotto di
fornitori, vale al mercato della politica tra le 60 e le 70 mila
preferenze. Vale, per essere chiari, l’elezione di un sindaco al
ballottaggio.
Anche per questo, i tre sindacati maggiori — Cgil,
Cisl, Uil — e con loro l’Ugl, da settimane, sono in fibrillazione. In un
abbraccio contro natura tra sigle di destra e sinistra, con la sponda
di un ex assessore ai trasporti e ora senatore di Forza Italia,
Francesco Aracri, hanno deciso di dare la spallata al marziano che, da
poco più di tre mesi, in assoluta solitudine, ha sfidato il moloch
chiamando le cose con il loro nome. Un ingegnere per bene, Marco
Rettighieri, nominato direttore generale dell’Azienda nel febbraio
scorso e dipinto dalla narrativa aziendale come un padrone delle
ferriere ostile alle “maestranze”, un «liquidatore fallimentare ». Nel
passato di Rettighieri ci sono le Ferrovie (è stato direttore generale
della Tav Torino- Lione e quindi responsabile del progetto della
stazione Tiburtina a Roma) e la direzione generale dell’Expo. Nel
presente, un’azienda che racconta così: «In Atac ho trovato il
malaffare. Perché Atac è sempre stato il bancomat delle forze politiche e
sindacali di questa città. Quando sono arrivato ho aperto i cassetti e
quello che ho trovato l’ho portato alla Procura della Repubblica. Non me
lo perdonano».
In quattro mesi, Rettighieri ha rimosso quattro
dirigenti di vertice. Ha scoperto che sull’Azienda pesano 111 mila ore
di distacchi sindacali non giustificate (solo la Cisl ne conta oltre 6
mila), con un danno di 5 milioni di euro l’anno. Ottenendo come risposta
dal segretario dell’Ugl Fabio Milloch (tra i sindacalisti messi in mora
e con la busta paga sospesa, dal momento che la sua di sigla sindacale
ha 1.861 ore di distacchi non giustificati) uno sciopero la sera della
partita Italia-Belgio. Rettighieri ha fatto di peggio. Ha messo il naso
nel potentissimo “dopolavoro aziendale” che, in forza di un accordo
sindacale del 1974, rinnovato nel 1978 e quindi nel 2010, ha da 42 anni
la gestione, senza gara, delle mense aziendali (5 milioni di euro
l’anno), oltre a uno stabilimento balneare in concessione ad Ostia e un
centro di soggiorno di proprietà a Roccaraso. «In quel dopolavoro, tanto
per dirne una, uno degli ultimi assunti è stato il cugino di un
sindacalista della Cisl che è nel collegio dei sindaci», osserva
Rettighieri. «E in quel dopolavoro — prosegue — tanto per dirne
un’altra, fino al mio arrivo non era possibile avere il riscontro
cartolare di quanti pasti venivano effettivamente serviti ogni giorno».
Negli
ultimi cinque anni, Atac ha bruciato 4 miliardi e mezzo di euro
arrivati da Comune e Regione, ma nessuno sa come siano davvero stati
spesi. È un fatto che dopo l’arrivo di Rettighieri e la decisione di
mettere le telecamere a circuito chiuso in tutti i depositi di mezzi, il
numero di furti di materiale sia precipitato, consentendo di cominciare
a riassorbire una voce di costo che ha sin qui pesato per circa 10
milioni di euro l’anno, perché a tanto ammontava il saccheggio. Così
come è un fatto che, dal febbraio scorso ad oggi, improvvisamente il
consumo di gomme che venivano sostituite sui mezzi si sia ridotto di due
terzi. Da 1.500 pneumatici a quadrimestre a 500. «Ho provato a fare
qualche domanda sulle ragioni per cui ci fosse questa moria di
pneumatici — dice Rettighieri — Nessuno mi ha saputo rispondere. Così
come nessuno riusciva a spiegarmi per quale diavolo di ragione le ruote
dei convogli della Metro A si usuravano inspiegabilmente più di quelli
della Metro B. Da ingegnere, ho controllato i binari e ho scoperto che
quelli della linea A richiedono delle rettifiche. Un controllo banale,
l’Abc per chiunque lavori sul ferro. Ma non in Atac».
Del resto,
in Azienda anche l’assenteismo è un mistero glorioso. Sulla carta, tutti
presenti. In concreto, molti con il doppio lavoro. «Le racconto una
storia per farle capire — dice ancora Rettighieri — Da quando sono
arrivato ho due abitudini. Sono il primo direttore generale che va al
lavoro con la propria macchina e sono il primo direttore generale che,
in incognito, gira per depositi, uffici, mezzi. Bene, mi sono presentato
a uno dei più grandi depositi che abbiamo in città. Vedo che la sbarra è
alzata, cosa già di per sé non corretta, e noto una macchina di
servizio con quattro dipendenti a bordo che esce. Vado alla porta
carraia e chiedo all’addetto chi fossero quelli che erano usciti e quali
fossero le ragioni di servizio. Mi viene risposto che chi è alla porta
non è tenuto a fare domande ».
Nessuno sa se e per quanto tempo
ancora Rettighieri resisterà. Chi al contrario scommette su cosa accadrà
è il senatore piemontese del Pd Stefano Esposito, per tre mesi
assessore ai trasporti nella fase terminale della giunta Marino, primo
kamikaze di Atac prima dell’arrivo del nuovo direttore generale. Oggi
dice: «Quando e se la Procura di Roma aprirà la botola di Atac, Buzzi,
Carminati e Mafia capitale sembreranno dei dilettanti. È stata ed è il
forziere della politica. Tutta. Nessuna esclusa. Vecchia e nuova».