Repubblica 16.6.16
Roma, la beffa dei vigili di Capodanno nessun licenziamento e multe annullate
di Lorenzo D’Albergo
ROMA.
Avrebbero dovuto essere più di 900, ma a poche ore dallo scoccare della
mezzanotte diedero forfait in 767. Per raccontare la defezione di massa
dei vigili urbani di Roma, non bisogna tornare troppo indietro: il più
eclatante esempio di assenteismo italiano si è consumato soltanto un
anno e mezzo fa, il 31 dicembre 2014. Quel giorno, presentando
certificati medici più o meno veritieri e inviando giustificazioni last
minute all’amministrazione capitolina, l’83,5 per cento dei caschi
bianchi si autocongedò dal servizio. Così la macchina dei festeggiamenti
allestita dal Campidoglio andò in tilt: gli agenti della municipale
avrebbero dovuto sorvegliare i Fori Imperiali, cinturare la maxi- arena
del concertone al Circo Massimo e gestire il traffico della notte più
congestionata dell’anno. Nulla di tutto ciò.
Prima il comandante
dei vigili urbani Raffaele Clemente e il Comune. Poi il premier Matteo
Renzi in un tweet: il caso dei pizzardoni fantasma divenne subito
polemica. E poi inchiesta, fino a trasformarsi in tormentone senza
apparente conclusione. Oggi, a 18 mesi di distanza dal cenone a cavallo
tra il 2014 e il 2015, nessun tribunale ha ancora emesso sentenza. Gli
assenteisti sono tutti al loro posto.
L’unico organismo che ha
provato a mettere bocca sulla vicenda, l’Autorità di garanzia per gli
scioperi, si è bruciato: a fine marzo, il tribunale del lavoro ha
annullato la sanzione da 100 mila euro che un anno prima l’Authority
aveva comminato a cinque sigle sindacali (Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fp,
Csa-Ospol, Diccap Sulpl). Respinta, quindi, la tesi del Garante. Nella
sua indagine aveva definito la defezione come «una forma anomala di
protesta, elusiva della disciplina dello sciopero nei servizi pubblici
essenziali ». Un colpo a sorpresa «riconducibile alla responsabilità
delle stesse organizzazioni sindacali ». Nella decisione del giudice
Fabio Baraschi, la situazione si è invece ribaltata. La contemporanea
assenza di due terzi dei vigili in servizio è stata definita come una
sommatoria di «comportamenti individuali dei dipendenti, che non possono
essere ricondotti ad una astensione collettiva e devono essere oggetto
di valutazione singola, caso per caso». Un’interpretazione che ha un
solo risvolto pratico: nessuno pagherà per il disastro di Capodanno.
Almeno a livello amministrativo.
Già, perché resta sempre in piedi
l’inchiesta della procura, che ha messo nel mirino 73 vigili urbani e
101 medici di famiglia. Falso, truffa, accesso abusivo al sistema
informatico e sostituzione di persona: partecipando allo stesso
teatrino, agenti della municipale e dottori compiacenti avrebbero messo
in circolazione decine di referti medici taroccati. Parte dei
certificati sarebbero stati firmati sulla fiducia, senza che il paziente
si facesse visitare. Venti medici, poi, avrebbero utilizzato le
password dei colleghi in ferie per compilare le finte giustificazioni.
Fino
a questo momento, però, la grande caccia ai malati immaginari ha
prodotto un unico rinvio a giudizio: a oggi soltanto un vigile urbano è
finito a processo con le accuse di falso e di violazione dell’articolo
55 della legge Brunetta. Per non prestare servizio la notte di San
Silvestro aveva deciso di donare il sangue. Ma, non essendo idoneo al
prelievo, avrebbe compilato di suo pugno il certificato poi presentato
in Comune. Passando da 767 casi a 73, almeno per i sindacati, il caso
pare essersi sgonfiato: «Ci hanno messo alla gogna sia come
rappresentanti dei lavoratori — attacca ora Stefano Lulli dell’Ospol —
che come corpo di polizia. Ma, se i numeri sono quelli della procura,
non c’è stata un’astensione di massa. Vanno valutati i singoli casi e
applicate le leggi che già ci sono. Nuove norme antiassenteismo? Non
servono».