Repubblica 15.6.16
L’idea di una alternativa al presidente del
Consiglio: “Direi sì anche a Lucifero per mandarlo via. Dopo di lui
possibile ricostruire il campo della sinistra”
Il retroscena
La sfida di D’Alema “Pur di cacciare Renzi sono pronto a votare anche la Raggi”
L’ex segretario dei Ds in diversi incontri ha attaccato il premier annunciando l’adesione ai comitati per il No al referendum
di Goffredo De Marchis
ROMA.
Pur di mandare via Renzi, Massimo D’Alema, con un sorrisetto, dice che
sarebbe disposto a votare «Lucifero», figuriamoci se può tirarsi
indietro davanti alla candidata grillina di Roma Virginia Raggi. Nei
colloqui con gli amici, durante la campagna elettorale che ha fatto in
giro per l’Italia nei comuni dove lo hanno chiamato i fedelissimi, l’ex
premier — raccontano — ha svelato la sua scelta romana: «Voto per la
Raggi e invito chi mi chiede un consiglio a fare altrettanto». Sfoghi,
battute, sarcasmi distribuiti a pioggia, perché non vi è traccia di
dichiarazioni ufficiali. Ma l’obiettivo è abbastanza chiaro: indebolire
l’attuale segretario del Pd, far cadere il suo governo «e dopo mettersi
al lavoro per ricostruire la sinistra riformista». Sulla strada di
questo traguardo si passa da due tappe: quella di domenica, i
ballottaggi di Roma e Milano, e il referendum costituzionale di ottobre.
Già dalla prossima settimana D’Alema si prepara a costituire i comitati
del No. Agli atti, finora, ci sono la ruvida replica pubblica, divenuta
virale sul web, alla richiesta di un commento sulle amministrative
(«No» secco) e le parole della dalemiana passionale Livia Turco che ha
ammesso: «D’Alema è contro Renzi ma voterà Giachetti». Può darsi che
abbia ragione l’ex ministro del Welfare, o forse è un auspicio visto che
lei sarà nella giunta del candidato romano del Pd in caso di vittoria.
Non è quello però che hanno ascoltato altri dalemiani in questi giorni.
Al riparo dalle telecamere e dei taccuini, il presidente della
Fondazione Italianieuropei ha tenuto molte riunioni. Due si sono svolte a
Bari, il feudo pugliese del dalemismo. Altre nel “fortino” di Piazza
Farnese, dove ha sede la fondazione del leader.
Se perde Roma e
Milano, è il ragionamento di D’Alema, Renzi uscirà molto ridimensionato.
La doppia sconfitta, a dispetto dei proclami del premier sul voto dal
«valore esclusivamente locale», avrebbe un effetto immediato sulla
politica italiana. «Verrebbero ribaltati tutti i rapporti di forza.
Cominciando dal Pd». Secondo D’Alema, e non soltanto per lui, siamo
lontani anni luce dal dato delle Europee, ovvero dal 41 per cento grazie
al quale il premier-segretario ha potuto fare il bello e il cattivo
tempo in Parlamento. «Quel risultato è figlio di un terrore del vuoto,
pochi mesi dopo le elezioni politiche. Oggi è cambiato tutto», ripete
D’Alema. Che smonta la narrazione secondo cui fuori dal Pd renziano
esiste solo il diluvio, il populismo, l’ingovernabilità, nella versione
sempre predicata dal premier. «Non è così. Una sconfitta del premier non
provocherebbe affatto una crisi di sistema. Dopo di lui un’alternativa
c’è, eccome». Insomma, se Renzi va a casa non è vero che si torna a
votare, come dicono gli amici del segretario. Ci sarà un nuovo governo,
nascerà un’altra stagione.
Ma far vincere la Raggi non significa
portare acqua al mulino di Grillo e toglierla alla sinistra da
ricostruire? Quello è solo un passaggio intermedio. Dal dato delle
amministrative, soprattutto a Roma e Milano, si può partire per un
viaggio diverso. Senza Renzi, naturalmente. All’indomani dei
ballottaggi, comunque vadano, D’Alema tornerà in pista sul referendum
costituzionale. Il No è scontato. «La riforma crea un sistema
presidenziale», ha detto pubblicamente e le parole di Renzi a
“Repubblica delle Idee” gliel’hanno confermato. «L’idea del limite di
due mandati, totalmente sgrammaticata sul piano istituzionale, cos’altro
è se non l’ammissione di una specie di elezione diretta?». D’Alema si
attiverà nella formazione di comitati contro la legge Boschi. Lo vuole
fare senza uscire dal Pd, ma nelle riunioni spiega che «l’obiettivo ora è
riunire tutti i pezzi della sinistra, partendo dalle varie anime della
minoranza dem». Non vuole entrare in altri comitati ma crearne uno nuovo
«per occupare lo spazio della sinistra riformista. Non possiamo
partecipare ai gruppi di Zagrebelsky o di chi si limita a difendere la
Costituzione attuale». Del resto non potrebbe farlo chi ha guidato la
Bicamerale. Si cercherà di coinvolgere alcuni esponenti di spicco del
partito. D’Alema continua ad avere contatti con Michele Emiliano, il
governatore pugliese, con la suggestione che potrebbe essere lui un
sostituto credibile di Renzi. A Roma si confronta spesso con l’ex
sindaco Ignazio Marino e con il direttore della Treccani Massimo Bray.
In questi comitati potrebbe confluire Area socialista, la componente del
Psi costituita da Bobo Craxi in opposizione al segretario Riccardo
Nencini schierato con il Sì.
La rete si sviluppa, ma tutto dipende
da come si chiuderanno le urne domenica sera. All’ombra del Campidoglio
e del Duomo, soprattutto. Bray, a proposito del voto alla Raggi, parla
di «scenario poco credibile. Le battaglie, Massimo, le fa alla luce del
sole. E vedrete che dopo le comunali si farà sentire ». Bray accenna
anche alla disciplina di partito, che per uno della scuola di D’Alema ha
un peso. Altri fedelissimi però gli hanno sentito dire che ormai si
sente sciolto dalla tradizionale disciplina comunista o ex comunista. Si
sente libero di fare le sue scelte e ha ben chiaro che la partita è
quella finale per far cadere il premier. Ora o mai più.