Repubblica 13.6.16
La squadra di Sala “Con Linus e Ambrosoli chiamerò la Bonino”
Il candidato dem di Milano: l’ex commissario Ue ci darà una mano su investimenti e turismo all’estero
di Alessia Gallione
MILANO.
Lo aveva promesso: «Prima del ballottaggio, inizierò a delineare la mia
squadra per dare la possibilità agli indecisi di avere un elemento in
più per votarmi». Una foto di gruppo in cui è già entrato l’ex pm di
Mani Pulite Gherardo Colombo, chiamato a guidare un comitato per la
legalità e la trasparenza. E ora ecco i primi nomi che – in caso di
vittoria affiancherebbero Beppe Sala. Due assessori come il direttore di
Radio Deejay Linus e il capo del centrosinistra in Regione Lombardia,
Umberto Ambrosoli. E l’ex ministro Emma Bonino: «Diventerà la mia
principale consigliera per la politica internazionale», dice il
candidato sindaco di centrosinistra.
Perché Milano dovrebbe avere bisogno di una sorta di “ministro degli Esteri”?
«Basterebbe
pensare all’area del Mediterraneo e al Medio Oriente per capire le
enormi possibilità di investimento, crescita turistica e capacità di
fare rete tra università e ricerca che ha Milano. E non c’è nessuno come
Bonino che conosca questi pezzi di mondo. Verificheremo più avanti il
suo grado di coinvolgimento istituzionale, ma lavorerà con me».
E Linus e Ambrosoli?
«Linus
può aiutare la città su molti fronti: ha una grande conoscenza dei
giovani, può fare tanto per la creatività, gli eventi su cui Milano deve
continuare a puntare, lo sport. Ambrosoli può dare una mano sulla
partecipazione, le regole, sulla Città metropolitana e il rafforzamento
dei municipi. E poi c’è il rapporto con la Regione: è fondamentale se
vogliamo curare i problemi profondi delle case popolari, ragionare su
larga scala di mobilità e trasporti, fare dell’area Expo un’occasione».
Ha detto di volere accanto anche Giuliano Pisapia: come?
«Vorrei che la sua esperienza mi aiutasse a cominciare dal coinvolgimento della società civile nella politica».
E le donne? Lei avrà una vice: non fa un torto a un assessore come Pierfrancesco Majorino che nel Pd ha fatto il pieno di voti?
«Majorino
è un protagonista decisivo. Confermo l’intenzione di avere una vice, ma
i conti definitivi li faremo dopo. Quello che prometto sin d’ora è che
le donne saranno la metà della giunta e avranno deleghe di peso».
A proposito di deleghe: quale terrà per sé?
«Mi sono speso così tanto per un serio piano di investimento, che vorrei gestire in prima persona le periferie».
Il suo avversario, Stefano Parisi, non farà nomi di giunta. Dice: «Voglio la mia autonomia».
«Il sindaco non è un amministratore delegato, un uomo solo al comando. I milanesi sanno che sono determinato, ma i tempi del
ghe
pensi mi sono passati. Parisi ha l’attitudine del “faccio tutto io”. Ma
guardate i suoi alleati: come farebbero ad andare d’accordo? Io punterò
sulla squadra».
Si è apparentato con i Radicali: il loro 1,8% può
fare la differenza? Non teme di sembrare troppo “politico” o di
allontanare la sinistra che non vede bene la vendita delle società
comunali?
«Non sarà decisivo, ma è importante. Le partecipate sono
fuori dall’accordo e terrò io le deleghe. Ci siamo trovati sulle azioni
per la casa, ambiente e referendum, alla luce del sole».
A Milano il M5S non ha sfondato, la Lega e la sinistra non sono andate bene. Non sarebbe stato meglio parlare ai moderati?
«Sì,
qui ha prevalso più che altrove un voto moderato. Nei miei confronti
c’è stato un certo pregiudizio da parte della sinistra. Lo capisco, ma
dico: “Guardate i programmi davvero di centrosinistra e ciò che mi
anima”. E poi è importante recuperare chi non è andato a votare».
Come?
«Andando
molto in giro per la città, sottolineando le differenze con Parisi in
termini di idee e compagine. Ho sofferto l’accusa del “sono uguali”: non
è vero e lo sto dimostrando».
Sala, è sicuro di vincere?
«Sono
sicuro che la mia capacità di recuperare voti tra gli astenuti è più
grande. Non è più il momento di guardare ai sondaggi, ma di farsi
guidare dall’istinto ed essere veri. Io ho più spazio. E sono in
vantaggio».