La Stampa 13.6.16
Le fratture che cambiano la politica
di Massimiliano Panarari
Giovani,
donne e pentastellate all’assalto dei Palazzi d’inverno di Roma e
Torino. E in versione «neogrillina», più che in abiti «istituzionali»,
mentre il confronto su Milano si è rivelato più felpato e con poche
scintille (visto anche l’identikit speculare dei suoi protagonisti). I
duelli televisivi di ieri a In ½ ora hanno fornito l’istantanea dei
nuovi cleavages (le fratture) che attraversano la fase odierna,
perfettamente validi sul piano nazionale anche se a scontrarsi erano dei
candidati sindaci. E gli esiti dei ballottaggi delle principali
metropoli italiane non produrranno magari alcuna conseguenza sul governo
Renzi, ma innescheranno verosimilmente alcune dinamiche di cambiamento
nelle organizzazioni politiche attuali (che stanno attraversando, da
tempo, una lunga transizione). Si è così assistito alla riconferma
dell’archiviazione del bipolarismo centrodestra-centrosinistra da parte
di un tripolarismo a geometrie variabili e, soprattutto, di una nuova
dicotomia tra partiti (e candidati) «di sistema» (che rappresentano gli
inclusi) e partiti (e candidati) antisistema (a cui si affidano coloro
che si sentono esclusi). Mentre il tema delle alleanze ha ceduto il
passo all’altra issue originale – che peserà molto sul ballottaggio –
del conflitto tra renzismo (non a caso mai richiamato dagli aspiranti
sindaci di centrosinistra) e antirenzismo (esibito invece dalle
avversarie pentastellate e da Stefano Parisi, che hanno ingaggiato una
polemica a distanza con una delle sue icone, Maria Elena Boschi). I 6
competitor si sono tutti e tutte concentrati sui temi amministrativi, ma
il profilo di politica generale del turno di domenica prossima, dunque,
si intravedeva sempre in controluce. Al centro delle tematiche ha fatto
prepotentemente ritorno la «questione sociale», scomparsa da parecchio
dalle campagne elettorali, tra «povertà», «città inclusiva» e «reddito
di cittadinanza». Ed è andata in scena la battaglia che contrappone il
«partito dello sviluppo» a trazione pd e quello «della decrescita» a 5
stelle, fra Olimpiadi, Tav, urbanistica e acqua pubblica.
Chiara
Appendino e Virginia Raggi hanno incarnato il tema generazionale e di
genere, e rivendicato l’estraneità al potere e alla «vecchia politica»
(un classico dell’antipolitica) – con la candidata torinese che sembra
voler assumere in corsa toni più barricadieri per intercettare consensi
populisti e un certo voto di destra. Fassino, Giachetti e Sala hanno
seguito (con gradi diversi) una linea similare, attuando la strategia
della «simbolizzazione del nemico» e e presentandosi come argini di
fronte a una minaccia incombente (una scelta comunicativa che presenta,
però, il rischio di andare a rimorchio dell’avversario e ingigantirne il
ruolo). E, così, sta per nascere anche a livello locale un bipolarismo
tra formazioni politiche di sistema e anti-establishment.