lunedì 13 giugno 2016

Corriere 13.6.16
Uno spettacolo (solo) per tifosi
di Pierluigi Battista

Il voto alla più coraggiosa viene assegnato a Lucia Annunziata che con tre confronti consecutivi di mezz’ora ciascuno ha sfidato la montagna di noia che gravava come una minaccia su tutto lo show televisivo dedicato ai ballottaggi di Milano, Torino e Roma (e Napoli? Cancellata). Del resto i confronti tv sono un match, non una tribuna dove esporre pacatamente programmi e progetti, sono un ring che scatena i tifosi, una passerella che alimenta il vouyerismo degli spettatori che sperano nel colpo, nella battuta che manda a tappeto. Ma dei sei candidati impegnati nei confronti almeno due, Piero Fassino e Stefano Parisi, non avevano molta voglia di calzare i guantoni. E almeno due, i romani Roberto Giachetti e Virginia Raggi, sembravano invece recitare apposta la parte dei beniamini delle curve, che infatti, sui social in diretta, si sono scatenati senza requie. Chi ha vinto? Chi ha perso? Gli ultras di Giachetti: «L’ha stracciata». Quelli della Raggi: «Che lezione che gli ha dato». Non è vero, non ha vinto nessuno. Perché in questo confronto tv, come in tutti i confronti tv, se proprio non si scivola su una gaffe colossale e se non si sfodera un asso decisivo (come Berlusconi che con Prodi si giocò clamorosamente l’abolizione dell’Ici), non vince mai nessuno e si confermano i consensi che già ci sono.
Comunque il lessico, la postura, il tono di voce, l’abbigliamento, la parlantina, la prontezza nel rispondere alle battute dicono qualcosa del candidato e della candidata chiamata alla corrida. Hanno detto che Chiara Appendino è brava, preparata, ma appare un po’ troppo maestrina. Parla a raffica senza mai una pausa e un respiro. Sorride ma si capisce che soffre perché non avrebbe voglia di sorridere. È scaltra perché conosce i punti di debolezza dell’avversario Piero Fassino, e in un’epoca di rivolta contro l’establishment appiattire l’attuale sindaco di Torino come amico dei poteri forti e garantiti è sicuramente una buona carta d’immagine. I confronti hanno detto che Piero Fassino, fosse per lui, nemmeno ci sarebbe andato a questa tortura, con un’avversaria molto meno collaudata di lui nell’universo della politica e un’intervistatrice, Lucia Annunziata, che lo conosce molto bene tanto da sapere con precisione dove potrebbe arrabbiarsi e quanto. Ma ogni atteggiamento di Fassino, anche le palpebre che vibrano come sintomo di pre-arrabbiatura e di fastidio, emana esperienza, rassicurazione, prudenza, certezza. Per cui Fassino, davanti a una scalpitante Appendino, ha faticato assai per restare impassibile e non perdere la pazienza, e la Appendino non ha dovuto faticare a punzecchiarlo, sapendo che i suoi eventuali elettori di Torino proprio questo volevano.
Dall’aplomb torinese a Roma capoccia, giusto il tempo di una rapida e piuttosto caotica conversione nello studio di Lucia Annunziata. I contenuti del dibattito per quasi un quarto d’ora hanno sfiorato un tema noiosissimo come quello delle scelte olimpiche, e davvero non si sa chi abbia consigliato Giachetti, che certamente è apparso più a suo agio nei dossier capitolini, a scaldarsi come paladino delle Olimpiadi, visto che pure il tentativo di arruolamento di Totti non è andato a buon segno. Ma per tutto il tempo a loro disposizione non hanno fatto altro che pungersi, rinfacciarsi, contraddirsi pensando, probabilmente a ragione, che il rodeo è la fonte nutritiva stessa della loro campagna elettorale, per schiacciare l’avversario nelle posizioni più estreme. Ma davvero la Raggi pensa che Giachetti sia un’appendice di Mafia Capitale? Ma certo che no. E davvero Giachetti può pensare che la Raggi sia alla mercé di Alemanno solo perché l’ex sindaco di Roma ha detto che voterà per lei? Ma si fa finta. Le curve godono. I duellanti stanno lì per questo.
E l’immagine di seri manager intercambiabili è quella che si sono palleggiati i due candidati di Milano Sala del centrodestra e Parisi del centrosinistra, pardon, Sala del centrosinistra e Parisi del centrodestra. Molto rigore da consigli d’amministrazione. Molti toni eleganti. Ma anche il paradosso di Parisi che parla dei poveri e Sala che parla di quote azionarie da spostare. Giusto un accenno di scazzottata alla fine a proposito della surreale polemica su Hitler. Un po’ di Male assoluto per parlare dei mali di Milano. Poi basta.