lunedì 13 giugno 2016

Repubblica 13.6.16
La carta dei Giochi e quella di Argan
di Stefano Cappellini

Era la prima volta che si sfidavano uno a uno, e se Roberto Giachetti voleva indirizzare il dibattito su terreno fair riconoscendo a Virginia Raggi «coraggio e ambizione», la rivale non si è concessa nemmeno il tempo dei convenevoli: «Giachetti è onesto – ha esordito - solo ad aver riconosciuto in una vecchia dichiarazione di non essere all’altezza del compito». Raggi spigolosa, rigida ma tutt’altro che paludata. Giachetti pragmatico, elegante nella scherma, pronto a rifugiarsi nel romanesco per creare empatia («Ma che è ‘sta robba?»). Colpi bassi («Ti vota Alemanno», «E a te Verdini»), colpi prevedibili (lui dà a lei dell’impreparata, lei dà a lui del servo di Renzi) e colpi facili («Superare i campi rom», dice Giachetti, «Con i soldi dei campi rom Buzzi e Carminati finanziavano il Pd», replica Raggi). Alla fine nessuno è andato ko e questa non è una buona notizia per chi rincorre. Le chance di Giachetti passano quasi tutte dalla capacità di rimobilitare l’elettorato democrat romano in sonno o in fuga verso M5S. Il candidato Pd ci ha provato soprattutto insistendo sull’opportunità di portare a Roma le Olimpiadi del 2024, tema scelto già poche ore dopo lo scrutinio come taxi per la rimonta. Raggi, incalzata, si è barcamenata su un no sempre più sfumato (ed è scivolata sul debito). Resta il sospetto che la carta dei Giochi possa fare più breccia in chi ha già votato Giachetti, e meno in chi nel frattempo ascoltava Raggi difendere i risultati del referendum sull’acqua pubblica e citare il sindaco comunista Argan («Una città di case senza gente e di gente senza case»).