Repubblica 13.6.16
Statali, aumenti solo per i dipendenti con redditi bassi
Pronta la direttiva della Madia all’Aran: priorità al milione con contratti sotto i 26 mila euro annui
di Roberto Mania
ROMA.
Svolta nel pubblico impiego: gli aumenti retributivi nel prossimo
rinnovo contrattuale interesseranno solo i lavoratori a basso reddito,
sostanzialmente un terzo dei dipendenti pubblici, circa 800 mila, quelli
— probabilmente — sotto i 26 mila euro lordi annui. È la linea decisa
dal ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia. La
direttiva del ministro all’Aran, l’agenzia per la contrattazione nella
pubblica amministrazione, arriverà subito dopo il via libera da parte
del Consiglio dei ministri (possibile in settimana) all’accordo, tra
sindacati e l’Aran stessa, che riduce da undici a quattro i comparti
contrattuali nel pubblico impiego. Entro luglio potrebbero partire le
trattative dopo oltre sei anni di blocco ai rinnovi imposto dalle
politiche di austerity. «E allora — ragiona Madia — è giusto, e anche
morale, che si sostengano prima i lavoratori che hanno pagato di più gli
effetti della crisi».
Che si tratti di un cambiamento importante
non c’è dubbio. «Sarebbe la prima volta, non ci sono precedenti»,
commenta Sergio Gasparrini, presidente dell’Aran. D’altra parte il
contesto è decisamente mutato. Nell’ultima legge di Stabilità, dopo che
la Corte costituzionale ha detto che i contratti non potevano restare
ancora fermi, sono stati stanziati solo 300 milioni per gli aumenti
salariali. Una cifra che se spalmata sull’intera platea dei 3,2 milioni
di dipendenti pubblici garantirebbe un aumento non superiore ai dieci
euro a testa. Sull’orientamento della Madia pesano anche altri fattori.
Intanto non c’è più l’inflazione. La dinamica dei prezzi tende alla
deflazione (ad aprile — 0,3 per cento) «e dunque non c’è più —
sostengono al ministero — la necessità di proteggere il potere
d’acquisto». C’è, poi, un modello contrattuale su due livelli, nazionale
e decentrato, con il primo ancorato all’Ipca, l’indice dei prezzi
appunto depurato dai prezzi dei prodotti petroliferi importati, che
stenta a tenere il passo dopo trasformazioni globali prodotte dalla
lunga crisi. Non può essere un caso, infatti, che in due settori chiave
per la contrattazione, per quanto agli antipodi per l’apertura alla
concorrenza, quello dei metalmeccanici e quello della pubblica
amministrazione, le parti datoriali ipotizzino soluzioni che vanno
praticamente nella stessa direzione. La Federmeccanica (l’associazione
delle imprese metalmeccaniche) ha infatti proposto di limitare gli
incrementi retributivi a livello nazionale esclusivamente ai lavoratori
che si trovano sotto il minimo contrattuale, cioè solo il 5 per cento
della categoria, lasciando che per gli altri sia la contrattazione in
azienda (legata a parametri di produttività) a definire gli aumenti
salariali. Su questa proposta si è aperto lo scontro con i sindacati. La
scorsa settimana ci sono stati scioperi, e il negoziato è fermo. Anche
la Madia rischia di andare allo scontro con i sindacati che bocciano
l’idea di aumenti solo per i redditi più bassi: «I sacrifici — dicono —
li hanno fatti tutti». E richiamano la sentenza della Consulta che ha
costretto il governo a rifinanziare i rinnovi contrattuali. Per quanto
Tiziano Treu, giuslavorista, ex ministro e anche ex presidente
dell’Aran, consideri compatibile, «in via eccezionale», la strada degli
aumenti selettivi con le norme costituzionali. Certo è una via tutta da
sperimentare.
E va al suo primo test anche l’intesa, raggiunta un
paio di mesi fa, sui comparti, che si riducono da undici a quattro:
funzioni centrali (ministeri, agenzie fiscali, enti pubblici non
economici, con circa 247 mila lavoratori); funzioni locali (Regioni e
autonomie locali, con circa 457 mila lavoratori); istruzione e ricerca
(scuola, università, enti di ricerca, con 1,1 milioni di lavoratori);
sanità (con circa 531 mila lavoratori). L’accorpamento delle aree
contrattuali imporrà aggregazioni anche tra i sindacati, i più piccoli
dei quali, rappresentativi nei micro comparti precedenti, rischiano, in
un comparto più grande, di scendere sotto il 5 per cento della
rappresentatività. Altro test al Consiglio dei ministri in settimana per
il decreto sulla licenziabilità dei “furbetti del cartellino”, con
tempi più certi su sospensione e sanzioni in caso di flagranza di reato.