Repubblica 12.6.16
Bocciatura degli storici “Iniziativa inopportuna fanno solo marketing”
Da Cardini a Isnenghi, dubbi tra gli intellettuali di destra e di sinistr
di Simonetta Fioria
ROMA.
 Il Mein Kampf venduto in edicola? Un errore. Un passo falso. 
Un’operazione spregiudicata e ambigua. La comunità degli studiosi resta 
per larga parte perplessa dinnanzi all’iniziativa editoriale del 
“Giornale”. E non c’entrano il colore politico, la storia personale o la
 geografia ideale, che avvicinano o allontanano dal quotidiano della 
destra. C’entra invece una ragione culturale profonda, che si chiama 
filologia. E ha a che fare con la natura del testo, e con il suo 
carattere esplosivo.
Si vuole fare un’operazione pedagogica — come
 dichiara il direttore Sallusti nel suo editoriale — ossia inoculare nei
 lettori l’antidoto al virus antisemita che soffia in Europa e in 
Medioriente? E allora sul testo occorre lavorare. «Fare come hanno fatto
 in Germania, un’edizione critica con più di 3.500 note e migliaia di 
pagine, perché più pericoloso è un testo più ha bisogno di filtri 
critici», dice Alessandro Campi, professore di storia del pensiero 
politico e recente curatore del diario di guerra di Mussolini. «E se è 
un’operazione impraticabile perché impegnativa e costosa, meglio 
rinunciarvi. Ma è sbagliato diffondere un testo che è quello pubblicato 
da Bompiani nel 1938, seppure accompagnato da una introduzione di 
condanna».
A firmare l’introduzione è Francesco Perfetti, autore 
di saggi sul nazionalismo ma ancora più famoso nella sua veste di attivo
 militante neorevisionista, impegnato negli anni Novanta nella 
riscrittura della storia novecentesca in funzione del centro-destra 
arrivato al governo. È Perfetti a ribadire il valore di antidoto del 
Mein Kampf, la cui «lettura dovrebbe vaccinare dalle tossine 
ideologiche» del nazionalsocialismo. «Ma anche questa concezione 
omeopatica dei testi pericolosi rischia di diventare una vuota 
formulazione retorica », obietta Campi. «Il rischio vero è che invece 
possa solleticare quelle frange lunatiche che sono attratte dalle 
perversioni del Novecento, dal lato oscuro del secolo e dai suoi simboli
 maledetti».
Mario Isnenghi, studioso dei luoghi simbolici della 
storia, è ancora più severo. «Questa operazione massmediologica segna 
uno spartiacque tra un prima e un dopo. Anche nella storia ci sono delle
 “zone di rispetto”, come nella religione o nella geografia militare. Di
 fronte a certi territori molto insidiosi, si mandano avanti gli 
specialisti proprio perché c’è il pericolo di inabissarsi nella palude. 
Il “Giornale” ha preferito saltare qualsiasi mediazione e lanciare il 
Mein Kampf a un pubblico molto ampio nella traduzione che ne fece il 
fascismo. Con quale rischio? Risvegliare il can che dorme, che non è più
 il vecchio nazista in camicia bruna, ma uno nuovo che indossa camicie 
di colore diverso ma che contraddice le “zone di rispetto”». Se oggi 
solleva perplessità l’iniziativa del “Giornale”, peraltro all’indomani 
della legge che trasforma il negazionismo in reato, non accadde lo 
stesso quando uscì l’edizione del Mein Kampf curata da Giorgio Galli per
 una piccola casa editrice di sinistra, Kaos. «No, non ci furono 
reazioni ostili, tranne quelle del governo bavarese che ci interpellò 
per una questione di diritti», racconta ora l’insigne politologo, 
studioso del rapporto tra nazismo ed esoterismo. «Francamente non 
capisco il clamore di oggi. Penso che si tratti di un lancio 
promozionale per aumentare le tirature del “Giornale”: il 
nazionalsocialismo è un fenomeno tragico che continua a suscitare grande
 interesse». Nessuna strizzata di occhi alla galassia nera della destra,
 come lamenta oggi il Pd? «Ma no, la collana del “Giornale” prevede 
anche un saggio serio e assai critico come Hitler e il Terzo Reich di 
William Shirer. Quanto ai ballottaggi elettorali, escludo che a Milano 
Stefano Parisi possa vincere grazie al Mein Kampf. Mi sembra una 
sciocchezza».
Pur critici verso Hitler in edicola, nessuno invoca 
censure, al contrario. «I libri vanno sempre letti, soprattutto quando 
hanno segnato il corso della storia», dice Franco Cardini, apprezzato 
medievista con simpatie per la destra. «Sono convinto che la lettura del
 Mein Kampf possa essere utile. Ma il problema è nell’operazione 
editoriale. Mi sembra inopportuna, probabilmente dettata da una 
strategia di marketing con lo scopo di aumentare le vendite. Ne è valsa 
la pena? Io credo di no».
 
