domenica 12 giugno 2016

Repubblica 12.6.16
L’edizione uscita a gennaio ha oltre 3.500 annotazioni e 2mila pagine: ecco i paletti per scoraggiare i neonazisti
E in Germania torna bestseller “Ma senza le note critiche non può essere pubblicato”
di Tonia Mastrobuoni

BERLINO. In coincidenza con il compleanno di Adolf Hitler, a fine aprile, “Mein Kampf” ha raggiunto la vetta dei libri più venduti in Germania. Per la seconda volta nella storia, il delirante pamphlet autobiografico del Fuehrer è diventato un bestseller. La prima volta, l’autore era ancora vivo. E quando la riedizione del libro più tabuizzato del Novecento ha scalato la top ten anche quest’anno, un giornale ha commentato: «Lui è tornato — davvero». Un po’ esagera. Il titolo, peraltro, cita indirettamente il romanzo satirico — altro bestseller — di Timur Vernes che immagina il ritorno del Fuehrer nella Germania di oggi. La riedizione di “Mein Kampf” ha tuttavia una storia completamente diversa. Casuale. Non può essere inserito del filone della recente riscoperta della figura più nera della storia, avvenuta anche attraverso un’importante, magnifica mostra a Berlino che non ha mancato di suscitare molte polemiche, sei anni fa. I tedeschi, però, e lo dimostrano i paletti con cui è stato ripubblicato, sanno benissimo che “Mein Kampf” è materiale da maneggiare con cura.
Joachim Fest, controverso ma importante biografo del Fuehrer (anche gli storici tedeschi ne riconoscono ormai gli errori, non fu solo stigmatizzato in Italia, come sostiene qualcuno), descrisse la «noiosa, rigida e verbosa prosa» di Hitler. E Christoph Hartmann, storico del nazismo e capo della squadra che ha curato l’edizione critica del libro uscita a gennaio, sostiene che si tratti di un testo «disgustoso, scritto male, pieno di errori e bugie ». È stato lui, per anni, a battersi perché l’edizione critica uscisse, insieme ad altri storici illuminati che continuavano a spiegare che copie di “Mein Kampf” si trovano da sempre, nelle librerie specializzate e sulle bancarelle di mezzo mondo. Soprattutto, le edizioni pirata del libro più rimosso della Germania si rintracciano in lingue diverse sul web, più o meno da quando esiste internet. Senza commenti né note.
A dicembre scadevano i 70 anni dei diritti — l’ultima residenza di Hitler era la Baviera, che li ha ereditati — e dopo discussioni infinite, il Land ha deciso di autorizzarne la pubblicazione (si badi bene: in Germania “Mein Kampf” non è mai stato vietato, la Baviera ne ha proibito solamente la riedizione). Ma il Land ha anche deciso che resta l’obbligo di garantire la pubblicazione di una versione appropriatamente commentata del pamphlet di Hitler. E il problema, sostiene qualche storico, resta comunque: d’ora in poi saranno i magistrati a decidere quale “Mein Kampf” potrà essere pubblicato, insomma se l’apparato di commenti sarà sufficiente.
In Germania, comunque, non potrà mai uscire un’edizione qualsiasi di “Mein Kampf”. E va ricordato che la prima riedizione del libro, uscita a gennaio, è stata curata da una nutrita squadra di esperti che ha fatto capo all’Institut fuer Zeitgeschichte di Monaco (IfZ), un autorevole istituto storico. Il lavoro è durato quattro anni e ha coinvolto un nucleo di sei storici che si sono avvalsi di innumerevoli consulenti: storici, biologi, economisti, germanisti e studiosi di ebraismo. “Mein Kampf” è uscito in Germania con oltre tremila e cinquecento note. Ed è lievitato a duemila pagine. Non esattamente una lettura da comodino.
L’istituto IfZ ha fatto sapere che la prima edizione — finita in una sola settimana — è stata comprata soprattutto da storici e politologi. Del resto, un po’ difficile pensare che un neonazista si procuri un’opera zeppa di note che dimostrano che il suo idolo era un patetico bugiardo megalomane che si era nutrito dell’immondizia sub-letteraria complottista e antisemita fin de siècle. Oltretutto, in questi mesi in cui la Corte costituzionale tedesca sta decidendo se dichiarare fuorilegge la Npd, il partito neonazista, e qualcuno si chiede se un verdetto del genere non significherebbe riesumare un movimento che sta morendo di morte naturale. Vuol dire che la destra estrema è debellata? Nient’affatto.
La prosa di Hitler continua ad essere barbaricamente semplice e citabile. Qualche esempio: «Fine ultimo dell’educazione femminile deve essere inderogabilmente la futura madre» o «difendendomi dall’ebreo, difendo la battaglia del Signore». Anche Thomas Mann riconobbe che aveva dalla sua «un’eloquenza indicibilmente volgare ma efficace per influenzare le masse». Dunque, per chi ha letto Hitler e il suo antidoto, il grande filologo Victor Klemperer, i comizi di Pegida o certe dichiarazioni di politici dell’Afd, fanno venire i brividi. “Lui” non è tornato. Ma è giusto che la lettura dei suoi deliri sia adeguatamente guidata.