Repubblica 10.6.16
Negazionismo la legge che fa litigare gli storici
Dire che la Shoah o un altro genocidio non è avvenuto è reato Ma può un tribunale giudicare il passato?
di Simonetta Fiori
Chi
nega la Shoah pubblicamente può essere punito con il carcere. Il
negazionismo è diventato reato. Dopo nove anni di discussioni, di
svariati rinvii tra i due rami del Parlamento, di vibranti appelli
firmati dagli storici contrari, la Camera ha definitivamente approvato
la proposta di legge che punisce il negazionismo con una pena da due a
sei anni di reclusione.
Sotto il profilo giuridico, si tratta di
una modifica apportata alla legge Mancino (legge 654 del 1975) che già
puniva «la propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio
razziale»: la modifica consiste nell’inasprire la pena nel caso in cui
la propaganda sia fondata sul negazionismo, che diventa così
un’aggravante. Ma non è chiamata in causa solo la negazione della Shoah.
Pene più aspre anche per chi diffonda ideologie razziste fondate sulla
«negazione dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei
crimini di guerra». E qui toccherà ai tribunali dirimere questioni su
cui la stessa comunità scientifica non ha mai trovato un accordo. Cosa
distingue uno “sterminio” dal “quasi sterminio”? A che punto scatta la
“nozione di genocidio”? «Mi fa orrore pensare che questo tipo di
discussioni possa finire in tribunale», ha dichiarato in passato Carlo
Ginzburg nel contestare l’opportunità di una legge. E anche i giuristi
si interrogano sull’opportunità del provvedimento quando la Corte di
Strasburgo specie sui crimini diversi dall’Olocausto è sempre più
favorevole alla libertà di espressione, contro i paletti posti dai
diversi paesi. «Tutta la storia del Novecento rischia di finire in
tribunale», sostiene Marcello Flores, direttore dell’Istituto storico
della Resistenza. «E secondo quali criteri i giudici decideranno cos’è
un crimine contro l’umanità e cosa non lo è?».
Si chiude così una
storia infinita cominciata nel 2007, quando l’allora ministro della
Giustizia Mastella avanza una proposta di legge per uniformare l’Italia
ad altri ordinamenti europei (tra gli altri Germania, Austria, Belgio,
Francia e Spagna). Quasi unanime la contrarietà manifestata dagli
storici italiani tanto da indurre Palazzo Chigi a frenare sul
dispositivo: il negazionismo è un fenomeno preoccupante, sostennero gli
studiosi, ma si combatte con strumenti culturali, non penali. Sei anni
più tardi, nel 2013, il Pd ripropone l’opportunità della legge.
L’iniziativa appare legata a una suggestione emotiva, la tempestosa
sepoltura dell’aguzzino Priebke che coincide con il settantesimo
anniversario della razzia del Ghetto. Ancora una volta, la quasi
totalità degli storici denuncia i pericoli del provvedimento, tra gli
altri «la trasformazione dei processi in cassa di risonanza per tesi
ignobili». La legge fu messa da parte ma non per molto. E anche tra gli
studiosi non sono mancate voci favorevoli alla necessità di una
iniziativa legislativa, «che certo non risolve immediatamente il
problema, ma può favorire una presa di coscienza da parte dei più
giovani», ha sostenuto Anna Rossi-Doria. Ora l’ultima definitiva
puntata, con l’approvazione della legge fortemente voluta dalla comunità
ebraica. A festeggiare è soprattutto il presidente dell’Ucei Renzo
Gattegna, che plaude a «un fondamentale strumento nella lotta ai
professionisti della menzogna». Soltanto il tempo potrà dire se è stata
solo un’illusione.