Repubblica 10.6.16
“Embrioni sani” Più vicini i bimbi con tre genitori
Dopo l’ok del Parlamento inglese, l’annuncio su Nature “Una tecnica sicura per prevenire malattie genetiche”
di Silvia Bencivelli
Per
farlo ci si sono messi in tre, e il risultato funziona. È un embrione,
umano e perfettamente sano, alla cui formazione hanno partecipato due
cellule uovo e uno spermatozoo. Ma è anche una prima assoluta che
promette di inaugurare una strada per la soluzione di alcune malattie
genetiche. Lo racconta un articolo pubblicato sulla rivista
Nature
da un gruppo di ricercatori della Newcastle University, che sta
lavorando alla tecnica da anni. L’annuncio era atteso soprattutto dopo
che un anno fa la Camera dei comuni inglese aveva approvato la tecnica a
una larga maggioranza, e la pubblicazione di questi dati era l’ultima
prova richiesta dalle autorità regolatorie per dare il via al suo
impiego.
La tecnica è stata pensata per evitare al nascituro
malattie legate ai mitocondri. Questi sono organelli galleggianti nel
citoplasma della cellula, che servono a produrre l’energia necessaria al
funzionamento della cellula e che contengono un proprio Dna: un Dna
diverso da quello del nucleo, il Dna davvero nostro che decide (insieme
all’ambiente) come siamo fatti. Il Dna del mitocondrio infatti abita
soltanto lì dentro: è poco (meno dello 0,05% del Dna totale di un
individuo), è piccolo ed è circolare. Il problema è che questo Dna può
essere responsabile di alcune malattie ereditarie, causate
dall’indebolimento del muscolo, del cervello, del cuore (organi che
richiedono più energia degli altri), ma anche del sistema endocrino,
dell’occhio, dell’orecchio, del rene e dell’apparato gastrointestinale.
Queste condizioni però si trasmettono solo dalla madre ai figli, perché
con la fecondazione sono i mitocondri della cellula uovo che vengono
passati, e solo quelli. Di conseguenza la soluzione pensata dai
ricercatori inglesi è una specie di trapianto di mitocondri da cellula
uovo, ma al contrario.
La tecnica infatti prevede di prelevare il
nucleo di un embrione malato entro poche ore dalla fecondazione,
lasciandosi dietro il guscio vuoto della cellula, mitocondri compresi. E
poi di trasferire questo nucleo in una cellula uovo di una donatrice, a
sua volta svuotata del nucleo. In questo modo, i mitocondri
dell’embrione che si svilupperà sono quelli della seconda donna, cioè di
una donna sana. Mentre il resto del Dna, il Dna del nucleo, rimane
quello dell’embrione.
I ricercatori hanno testato i tempi ottimali
per il trasferimento del nucleo, un fattore cruciale per il successo
della tecnica. E l’hanno provata su 500 cellule uovo di 64 donne
donatrici, senza osservare nessun danno allo sviluppo degli embrioni. O
meglio: c’era un 2% di Dna mitocondriale difettoso che veniva comunque
trasferito. Ma in ogni caso si trattava di una quantità molto inferiore a
quello di una fecondazione tradizionale, sottolineano i ricercatori, e
insufficiente a dare malattie. Se le autorità regolatorie riterranno,
come pare molto probabile, che la tecnica possa già dirsi sicura, a
Newcastle cominceranno presto a nascere bambini con tre genitori
biologici e nessuna grave malattia.