martedì 21 giugno 2016

«Più che un consiglio dei ministri sembra una seduta psicoanalitica di gruppo»
Repubblica 21.6.16
Sfogo del premier ieri in consiglio dei ministri
Alfano: “Ora devo sapere se staremo insieme anche alle elezioni”
Renzi “Non personalizzo più il referendum però a tirare la carretta sono solo io”
di Giovanna Casadio

ROMA. «Evidente che noi dobbiamo ora lavorare sul referendum di ottobre. Mi dicono: hai personalizzato troppo. Vabbe’, capisco, ma la campagna referendaria deve essere corale, perché se sono sempre io a tirare la baracca, è chiaro che c’è la personalizzazione... ». È appena iniziato il consiglio dei ministri e Renzi fa una parziale autocritica. Ma è un’ora e mezza di dibattito e di sfoghi quella che ha accompagnato in Cdm l’analisi della sconfitta alle amministrative. Ciascun ministro dice la sua, Angelino Alfano cita Aristotele e ammette che «la maggioranza ha bisogno di sapere verso quale prospettiva politica va».
Il tema attorno a cui ruota tutta la discussione è però uno solo: de-personalizzare il referendum costituzionale di ottobre e fare ammenda sulle amministrative. Dario Franceschini, ministro dei Beni culturali, avverte: «Noi dobbiamo stare attenti perché i ballottaggi dimostrano che le altre forze politiche si aggregano contro di noi. Se accadesse anche al referendum, il paese diventerebbe ingovernabile e la situazione disastrosa, bisogna de-personalizzare. E poi, va sciolto un nodo: il nostro è un governo di Grande coalizione o questa maggioranza di governo è un’alleanza politica?». Incalza Roberta Pinotti, ministra della Difesa: «Ecco, questa maggioranza chiariamo cos’è, perché in una piazza c’eravamo noi Pd e talvolta, in quella accanto, l’altra forza di governo». S’intende, i centristi di Alfano.
Chiamato in causa, il leader dell’Ncd, l’ex pupillo di Berlusconi che ha dato vita al partito moderato, puntello del governo Letta prima e di quello Renzi ora, risponde con tutta la foga di cui è capace. Più che un consiglio dei ministri sembra una seduta psicoanalitica di gruppo. «Questo voto delle città non va semplificato nell’analisi, bisogna ad esempio vedere la base sociale che ha determinato la vittoria dei 5Stelle», scandisce Alfano. Torna, appena adombrata, la questione delle periferie e della rabbia. Ma il ministro dell’Interno affronta piuttosto «il nodo di questa maggioranza»: «Noi andiamo avanti difendendo il lavoro fatto, ma poi cosa si fa? Evidente che nel mio partito è iniziata la discussione su questo e io dovrò dare una risposta».
Tutto sciorinato sul tavolo: i dubbi, le incertezze. A questo punto Maria Elena Boschi, ministra delle Riforme, interviene: «Capisco quali sono i rischi a cui fate riferimento , ma la personalizzazione è solo una conseguenza di quanto è accaduto in Parlamento. L’alleanza tra il forzista Brunetta e i grillini è una constatazione. Comunque speriamo che non sia troppo difficile uscire da questo schema». Anche Carlo Calenda, neo ministro dello Sviluppo economico, prende la parola per dire la sua analisi sul voto: «Non è stato un voto di protesta, ma il frutto della tradizionale paura degli italiani davanti al cambiamento. Quando le cose cambiano, gli italiani si rifugiano in un voto di paura», si smarca Calenda. Renzi aveva esordito: «Dobbiamo essere orgogliosi di quanto fatto e continuare a rivendicarlo. Ci sono molti dati a favore del Pd anche se la vittoria dei 5Stelle è inoppugnabile, ma il vero sconfitto è Salvini. Noi andiamo avanti: sono convinto che al ballottaggio, alle politiche, ci andremo con il centrodestra». Anche una frecciata alla sinistra dem: «Ci sarà la discussione nelle sedi di partito ma le nostre abitudini vanno cambiate. Se si riforma l’articolo 18, non si può criticare quel che manca e dire che i disoccupati restano tanti, insomma non va bene il gioco del “più uno”».