mercoledì 8 giugno 2016

La Stampa TuttoScienze 8.6.16
È vero che non c’è scampo da un buco nero?
Ora Hawking ci ripensa
Nuova teoria sul paradosso dell’informazione “Qualcosa sfugge, come capelli soffici”
di Nicla Panciera

«I buchi neri non hanno capelli»: è l’enunciato di un teorema le cui premesse non sono state messe in discussione per molto tempo. Significa che il campo gravitazionale di questi oggetti cosmici è talmente forte da inghiottire tutto quello che passa nei paraggi, tanto che perdiamo ogni informazione che li riguarda («i capelli», appunto).
È questo uno dei maggiori contributi che ha reso celebre il cosmologo Stephen Hawking, il quale, però, si smentisce in un nuovo studio. Ora, infatti, teorizza l’esistenza di altri tipi di capelli - i «capelli soffici» - che costituirebbero le informazioni sulla materia intrappolata nel buco nero.
Ma andiamo per ordine. Il buco nero viene così definito perché tutto quello che transita oltre una certa distanza, un confine chiamato «orizzonte degli eventi», precipita e scompare. Lì dentro tutto viene risucchiato e si perderebbe per sempre, anche la luce. Da qui il «nero». Ma le cose non stanno realmente così. Hawking si è accorto che non tutto rimarrebbe intrappolato e ipotizza che qualcosa sfuggirebbe a tale annientamento: è la radiazione cosiddetta «di Hawking». Con questa emissione, anzi, il buco nero perde progressivamente energia, fino a «evaporare».
Qui entra in scena il cosiddetto «paradosso dell’informazione»: secondo la Relatività generale, infatti, l’informazione sulla materia intrappolata in un buco nero viene distrutta, mentre, secondo la meccanica quantistica, deve conservarsi. La buona notizia è che saremmo prossimi alla risoluzione del paradosso stesso, come ha annunciato Hawking, insieme con Andrew Strominger della Harvard University e Malcolm J.Perry di Cambridge. In realtà, l’informazione si conserva. Dove? Ai confini interni del buco nero. Lì ci sarebbe un «firewall», una barriera in grado di trattenere l’informazione sotto forma di «capelli soffici».
I tre lo spiegano nello studio appena apparso su «Physical Review Letters» e intitolato «Soft Hair on Black Holes» (capelli soffici sui buchi neri). Sarebbero questi «capelli soffici» - piccole deformità spazio-temporali, fotoni e gravitoni posizionati sull’orizzonte degli eventi - a conservare una traccia bidimensionale dell’informazione perduta dalla massa precipitata nel buco nero.
«Sono fluttuazioni quantistiche, impronte del passaggio di materia che come le tracce musicali sul vinile potrebbero essere lette in futuro», spiega a «Tuttoscienze» Antonio Masiero, fisico teorico dell’Università di Padova e vicepresidente dell’Infn. Questo ologramma che si deposita intorno al buco nero è come un’impronta di quanto è accaduto. «Ed è ciò che ci consente di non violare il determinismo quantistico - aggiunge , permettendo di credere che quanto è accaduto in passato precede e determina il presente e il futuro».
L’informazione racchiusa nei «capelli» potrebbe essere quindi «restituita» nello spazio, dove riemergerebbe in forma però caotica, con quella che è definita come «radiazione di Hawking». «Potrebbe, in linea di principio, venire recuperata», ha osservato il fisico britannico. Sebbene forse inservibile dal punto di vista pratico, però, risolverebbe, almeno teoricamente, il paradosso.
Resta da capire quanta informazione possano contenere i «capelli». In altre parole, «se queste fluttuazioni conservino l’intera informazione sulla materia transitata nel buco nero e se mai potranno essere da noi riprodotte», osserva Masiero. Quel che è certo è che possono rappresentare - come Hawking ha dichiarato - una via d’uscita al paradosso dell’informazione.
Ma perché i buchi neri sono così importanti? «Là prendono corpo le contraddizioni tra meccanica quantistica e Relatività - nota Masiero -. Sono un laboratorio per capire se è possibile far convivere le due teorie: potrebbero regalarci delle sorprese e cambiare il modo in cui vediamo l’Universo».