La Stampa 9.6.16
Forse Croce non è tutto da dimenticare
di Federico Vercellone
Ricorrono
i centocinquant’anni dalla nascita di Croce, e ci troviamo dinanzi a un
anniversario quanto mai scomodo. Croce costituisce un grande rimosso
della cultura italiana.
Non a caso il libro di Paolo
D’Angelo, massimo specialista di Croce oggi in Italia, comparso da
Quodlibet, s’intitola Il problema Croce. Abbiamo a che fare con il nume
che ha dominato la cultura italiana per decenni, che fatica ora a
profilarsi nella nostra memoria culturale come quel grande olimpico
classico che fu invece in vita. Trascorso il tempo dell’epica lotta tra
crociani e anti-crociani, lasciati dietro di noi i venti di una polemica
che segnò in profondità e per decenni la cultura filosofica ed
estetica, ora si fa fatica a fare i conti in modo maturo con l’opera di
Croce. E’ significativo per esempio che si siano dedicate almeno tre
importanti biografie a Gentile, mentre a Croce nessuna. Il suo sistema
appare obsoleto e arretrato il suo atteggiamento culturale anche in
forza del polemico atteggiamento nei confronti di discipline come la
sociologia e la psicoanalisi.
Alla base della ricezione attuale di
Croce resta poi in fondo l’ Estetica del 1902, un’opera che sembra
profilarsi come impari rispetto a quelle precedenti e coeve provenienti
dalla grande tradizione continentale. Si dimentica a questo proposito, e
non è poco, che l’estetica in Italia prima di Croce era ben poca cosa
mentre la sua opera ebbe un immediato respiro internazionale. E’ ben
vero: nell’Estetica Croce liquida, con un quasi oltraggioso colpo di
spugna, tutti le grandi categorie che avevano pervaso la tradizione.
A
fronte del dominio assoluto della bellezza da lui sostenuta, venivano
messi da parte il comico, il sublime, il patetico, il tragico,
l’umoristico, e poi la partizione delle arti e i loro principi
specifici. E il critico, privato dei ferri del mestiere, sembrava di
colpo indotto ad affidarsi alla sola intuizione per esercitare il
proprio mestiere. Nondimeno, guardando all’arte contemporanea, Croce
sembra avere anche attualmente qualche buona ragione da mettere in
campo. Sono davvero utili oggi quelle distinzioni sovratemporali che
mancano infine la realtà concreta e variegata dell’opera d’arte?
Onore
dunque al grande umanista retrò che ebbe comunque lampi geniali che ci
consentono di avvicinare il presente dell’arte. E poi all’antifascista
che seppe dialogare con i vertici della cultura europea in tempi quanto
mai difficili, e resistere, da grande e onesto aristocratico, al
conformismo della società italiana dell’epoca che permane purtroppo come
una nostra inquietante eredità.