giovedì 9 giugno 2016

La Stampa 9.6.16
Roma e il debito monstre
Finora è stato ripagato più alle banche che ai privati
L’unica strada è rinegoziare i tassi di interesse
di Alessandro Barbera

Promettere la ristrutturazione del debito pubblico è un argomento di sicuro successo elettorale. Figurarsi se in ballo c’è quello della Capitale: oltre ai 35mila euro dovuti per il solo fatto di essere italiani, se ne aggiungono cinquemila per la cittadinanza romana. «Vogliamo ristrutturare il debito», dice la favorita a diventare il prossimo sindaco, Virginia Raggi. Facile a dirsi, difficile solo a descriverlo nei dettagli: circa tredici miliardi di euro dovuti a dodicimila creditori, 1.686 mutui, due contratti derivati, un costo di 500 milioni l’anno per gestire quel debito, 300 dei quali erogati dal bilancio dello Stato, ovvero dai contribuenti di Aosta e Canicattì insieme. Il Comune di Roma non ha la certezza su chi siano il 77 per cento dei debitori, né il 43 per cento dei creditori. O meglio, fra le montagne di scartoffie da qualche parte c’è scritto, ma ancora non è stato possibile rintracciarli. La relazione depositata in Parlamento due mesi fa dal commissario Silvia Scozzese è molto più dettagliata di quel che la propaganda Cinque Stelle vorrebbe farci credere. I mutui ad esempio: sono quasi tutti contratti con la Cassa depositi e prestiti (1.491), ma si tratta di soldi che sono stati concessi secondo regole di mercato, e non possono essere cancellati da un giorno all’altro. È una leggenda quella secondo la quale il debito della Capitale sia in gran parte da attribuire ai romani stessi: lo stock di crediti non riscossi dal Comune di Roma per gli affitti vale 350 milioni, una frazione di quei 13 miliardi. Certo è che se gli inquilini pagassero regolarmente e non i sette euro al mese che ancora sono concessi ad alcuni fortunati, i numeri sarebbero meno impietosi. Ma questa è un’altra storia.
Su un punto invece la Raggi ha ragione, ed è quando dice che quel debito è «principalmente finanziario e nei confronti delle banche». Lo è più della metà, per l’esattezza il 55,7 per cento, al cambio 7 miliardi e 128 milioni. Altri due miliardi sono debiti verso altri soggetti della pubblica amministrazione, 3 miliardi e 600 milioni sono i veri e propri debiti commerciali verso privati. Per onorare i suoi 1.686 mutui il Comune paga lauti interessi, mediamente pari al cinque per cento. Una cifra fuori mercato, se si considerano i prezzi medi ai quali oggi si può accendere un mutuo. Con un po’ di buona volontà, e l’input politico di un sindaco che avesse voglia di farlo, si potrebbero risparmiare fino a 150 milioni di euro all’anno. Poichè i romani pagano un’addizionale Irpef dello 0,4 per cento per gestire il debito, quei 150 milioni sarebbero sufficienti a ridurre di tre quarti quell’odioso balzello. Francesco Boccia del Pd ricorda che l’anno scorso, per aiutare le Regioni a rinegoziare i mutui con la Cassa depositi e presiti, si fece una legge ad hoc. «Non si capisce perché non lo si possa fare anche per il Comune di Roma».
La cosa più sorprendente della relazione della Scozzese è sui numeri della gestione commissariale degli ultimi cinque anni, più o meno da quando i contribuenti romani e non hanno iniziato a versare i 500 milioni che ogni anno (e per l’eternità) servono a onorare il debito romano. Da allora sono stati pagati cinque miliardi e 600 milioni: una cifra ragguardevole, che uno immagina siano serviti anzitutto a pagare fatture rimaste inevase. Chi non ricorda la campagna dell’allora premier Monti e del suo ministro Passera per abbattere i debiti dello Stato verso i suoi creditori privati? E invece no: quasi la metà di quei 5,6 miliardi - più o meno 2,6 - sono stati necessari a pagare il costo dei mutui e dei contratti derivati. Altri 2,6 miliardi hanno onorato fatture verso altre amministrazioni pubbliche, dall’Atac all’Ama. La cifra destinata ad estinguere i debiti veri e propri è stata di appena 300 milioni di euro, il cinque per cento dell’ammontare. Che sia Giachetti o Raggi, prima di chiedere conto di eventuali numeri ignoti, il prossimo sindaco farebbe bene a far chiarezza sui numeri noti.