La Stampa 7.6.16
Netanyahu-Putin, il risiko delle alleanze
Il premier vuole garanzie sulle mosse di Iran ed Hezbollah Mosca rafforza i legami con Israele e i sunniti egiziani e sauditi
di Giordano Stabile
Un
 tank catturato 34 anni fa dai siriani e che ora Vladimir Putin 
restituisce a Israele perché i famigliari dei soldati dispersi e mai 
tornati a casa abbiano almeno qualcosa su cui pregare. Un accordo 
economico sulle pensioni degli immigrati russi arrivati nello Stato 
ebraico prima del dissolvimento dell’Urss. E soprattutto un patto sempre
 più stretto sulle «zone di influenza» in Siria con la garanzia dello 
Zar a Benjamin Netanyahu che gli Hezbollah libanesi non prenderanno il 
controllo del confine davanti alle alture del Golan.
Il terzo 
vertice a Mosca fra il presidente russo e il premier israeliano, in meno
 di un anno, sigilla un’intesa strategica ma anche personale. Non si 
chiameranno ancora fra di loro con i vezzeggiativi Vava e Bibi, ma Putin
 e Netanyahu, accompagnato dalla moglie Sara, hanno dimostrato di 
capirsi e rispettarsi, nonostante si trovino sui fronti opposti nella 
guerra civile siriana e nel Grande gioco in Medio Oriente. Con Mosca che
 ha i più stretti alleati nell’asse sciita Teheran-Baghdad-Damasco, 
mentre lo Stato ebraico considera gli ayatollah iraniani «più pericolosi
 dell’Isis».
Putin non vuole rimanere inchiodato a una sola 
alleanza. Ha ottimi rapporti con l’Egitto sunnita di Abdel Fatah Al-Sisi
 e anche con la monarchia saudita. Due partner chiave per Israele in 
questo momento. E tratta lo Stato ebraico da potenza leader regionale. I
 quattro incontri in nove mesi, se consideriamo anche il bilaterale a 
Parigi durante il summit sul clima, coincidono con l’intervento in 
Siria, che Mosca ha in qualche modo concordato con gli israeliani.
Prima
 ancora che con il Pentagono, l’aviazione russa ha creato una «war room»
 con quella israeliana, per evitare «incidenti» nei cieli siriani. 
Nell’ultimo viaggio, ad aprile, Netanyahu ha ammesso che i jet 
israeliani avevano compiuto «decine di raid» contro gli Hezbollah. E 
Putin non ha mostrato nessun imbarazzo. Il tema più impegnativo, anche 
al summit cominciato ieri sera e che proseguirà oggi, sono proprio le 
milizie sciite. Bibi vuole garanzie sulla fascia di territorio accanto 
alle alture nel Golan, teme «un altro fronte terrorista», dopo quelli 
con Hezbollah nel Sud del Libano e con Hamas nella Striscia di Gaza.
L’influenza
 di Mosca su Damasco e su Teheran è tale da poter immaginare un veto 
dello Zar al dispiegamento di Hezbollah. E anche sulla vendita all’Iran 
dei sofisticati missili anti-aerei S-300, in grado di fermare i jet 
dell’aviazione con la stella di Davide, Putin sembra tenere in 
considerazione le obiezioni di Netanyahu. La consegna va a rilento, con 
la scusa di ritardi nei pagamenti.
Putin tiene conto anche degli 
sviluppi interni a Israele. Con l’ingresso di Avigdor Lieberman nel 
governo, gli ebrei russi in Israele, quasi un milione, hanno un peso 
decisivo. Ed ecco che arriva l’accordo per concedere pensioni, pagate in
 parte dalla Russia, agli immigrati arrivati prima del dissolvimento 
dell’Urss che finora non ne avevano diritto. Un regalo all’elettorato di
 Lieberman e un sostegno a Netanyahu, che così rispetta i patti con il 
nuovo partner.
Ma il gesto che va al cuore di tutti gli israeliani
 è la restituzione del tank catturato in Libano dai siriani e poi 
regalato da Hafez Assad all’Urss ed esposto al museo di Kubinka. Non è 
un reperto bellico o una preda di guerra. È l’ultimo ricordo tangibile 
per i familiari dei tre carristi dispersi nella battaglia di Sultan 
Yacub del 10 giugno 1982, dove morirono 30 loro commilitoni, e mai 
tornati a casa. La restituzione del tank equivale quasi a quella dei 
corpi e mostra sensibilità verso il più alto valore per gli israeliani: 
il rispetto per i caduti. Putin l’aveva promesso a Netanyahu e ha 
mantenuto il patto.