il manifesto 7.3.15
Loi Travail: il governo sull’orlo della crisi di nervi
A pochi giorni dall'Euro di calcio, la protesta non si ferma, spento un'incendio ne riparte un altro
L'offensiva di Mélenchon, le difficoltà del Pcf, la campagna Nuit Debout "contro il voto Ps"
di Anna Maria Merlo
PARIGI.
Il governo è sull’orlo di una crisi di nervi, venerdì iniziano gli
Europei di calcio, dovrebbero arrivare almeno 2 milioni di turisti e il
paese resta in acque agitate, tra le conseguenze delle inondazioni e la
crisi sociale, che non si ferma. Per il primo ministro, lo sciopero alla
Sncf, la società nazionale delle ferrovie, «è incomprensibile». Eppure
continua. Ieri dei ferrovieri Cgt hanno bloccato per un breve periodo le
stazioni Montparnasse e Gare du Nord, a Parigi, mentre aveva luogo un
interminabile incontro con la direzione delle ferrovie per cercare una
via d’uscita dopo 6 giorni di sciopero. Il governo prosegue nella
tattica di isolare ogni protesta, cercando di spegnere uno dopo l’altro
gli incendi che si accendono. I ferrovieri fanno rivendicazione di
categoria, in vista dell’arrivo della liberalizzazione della rete, nel
2020. Il nervosismo cresce: la Sncf perderebbe 15-20 milioni di euro al
giorno.
La protesta continua: giovedì sarà un’altra giornata di
azioni, in attesa della manifestazione nazionale del 14 giugno a Parigi.
Il 13 il Senato avrà cominciato a discutere il testo della Loi Travail
rivisto dalla destra, che ha la maggioranza: vale a dire un ritorno alla
prima versione, quella precedente le modifiche fatte dalla Cfdt, molto
più liberista della versione passata con la forza del 49.3
all’Assemblée. I sindacati contestatari stanno già preparando un’altra
giornata di protesta, verso fine giugno-inizio luglio, quando la legge
El Khomri tornerà in discussione all’Assemblée. Il relatore della Loi
Travail, il deputato socialista Christophe Sirugue, si è detto pronto a
ritoccare il controverso articolo 2, che prevede la priorità degli
accordi di impresa su quelli di categoria. Ma Valls non vuole che venga
modificata «la filosofia» della flessibilità. Restano in agitazione, a
singhiozzo, anche Edf (elettricità), le raffinerie (ma la situazione
migliora), le discariche dei rifiuti, mentre sulla metropolitana
parigina pesa la minaccia di uno sciopero «illimitato». Anche i piloti
di Air France minacciano uno sciopero (ma non c’entra con la Loi
Travail). Il governo punta a un rovesciamento dell’opinione pubblica: un
ultimo sondaggio dice che ormai il 54% dei francesi non appoggia più la
protesta. Euro 2016 arriva e l’«immagine» della Francia nel mondo teme
di prendere dei colpi.
Le conseguenze politiche dello scontro
Cgt-governo saranno notevoli. Domenica, Jean-Luc Mélenchon ha riunito
10mila persone in place Stalingrad, per il lancio della campagna delle
presidenziali. Mélenchon non vuole le primarie alla sinistra della
sinistra, proposte dal Pcf. Il leader del Parti de Gauche, che i
sondaggi danno al 12% quasi sul punto di surclassare Hollande
nell’eventualità si presenti, naviga sull’onda lunga del rifiuto dei
partiti tradizionali: propone di porsi alla testa della «France
insoumise», dei «ribelli» in lotta, dagli ecolo alla Nuit Debout,
coniugando La Marseillaise e l’Internazionale. Mélenchon attacca
frontalmente «pouf et chocolat», come schernisce Hollande e Valls che
«non hanno capito che la lotta è la nostra dignità».
Il ministro
dell’Economia, il controverso Emmanuel Macron, ieri ha ricevuto un uovo
in testa a Montreuil, comune guidato con un sindaco comunista, dove si
era recato alla sede della Posta locale per presentare un francobollo
commemorativo degli 80 delle ferie pagate, conquista del Fronte
popolare. Pierre Laurent, riconfermato domenica segretario del Pcf,
afferma che «Hollande non può essere il nostro candidato, non può più
essere nel 2017 il candidato che fa vincere la sinistra». Va più lontano
François Ruffin, regista di Merci patron! tra i promotori della Nuit
Debout, che ha aperto ieri una campagna contro il voto al Ps,
giustificata con «l’assenza di ribellione massiccia dei parlamentari
socialisti» contro la Loi Travail e la svolta liberista del partito. La
Cgt intanto raccoglie i voti contro la Loi Travail in un referendum
auto-organizzato sui luoghi di lavoro.