lunedì 6 giugno 2016

La Stampa 6.6.16
Clinton: “Trump adora i tiranni ed è pericoloso per la sicurezza nazionale”
La leader democratica: cerca vendette personali e non fa altro che dire tutto e il suo contrario
di George Stephanopoulos

Negli ultimi giorni ha attaccato Donald Trump usando parole come «demagogo» e «dittatore». Pensa che il modo migliore per battere Trump sia diventare un po’ più come lui?
«Niente affatto. Ho espresso la mia preoccupazione per le sue proposte sulla politica estera e la sicurezza nazionale. Ritengo che rappresenti una visione molto pericolosa, una visione che divide, e penso sia importante chiamare le cose con il loro nome».
Lei ha anche detto che Trump non ha il temperamento giusto per essere presidente, e che la sua attrazione per i tiranni andrebbe spiegata da uno psichiatra. Sta dicendo che è psichicamente instabile?
«Sto dicendo esattamente quello che ho già detto, che non ha il temperamento adatto. Non ha idee vere, lancia proclami bizzarri, cerca vendette personali e dice palesi bugie. Mi sembra che non abbia la pelle dura, e ritengo che questo temperamento non sia adatto a qualcuno che vuole essere il nostro presidente e comandante in capo. Inoltre ha già espresso opinioni che vanno contro quello che sia i democratici, sia i repubblicani hanno considerato per decenni gli interessi dell’America, i nostri valori».
Qual è il pericolo maggiore di questo comportamento?
«Penso che vada a caccia di capri espiatori e punti il dito contro gli altri, non dice la verità, non pare preoccuparsi di cadere continuamente in contraddizione. Ha detto che non era contrario a che anche altri Paesi, inclusi la Corea, il Giappone e l’Arabia Saudita, si dotassero di armi nucleari. Ora dice di non averlo detto, ma i media possono facilmente recuperare il filmato. La sua imprevedibilità, il suo mettere tutto in termini molto personali hanno allarmato - e lo ha detto, proprio in questi termini anche il presidente Obama - i nostri alleati più stretti, preoccupato tutto il mondo, perché non siamo abituati a vedere un candidato alla presidenza, repubblicano o democratico, che tratta con tanta disinvoltura la verità, che non si preoccupa di creare divisioni, e ignora chi si preoccupa della nostra sicurezza, dei nostri valori e di cosa siamo come nazione».
Negli ultimi giorni Trump ha ripetuto che lei dovrebbe andare in prigione per la vicenda delle email. E che se diventerà presidente provvederà a incriminarla. Cosa risponde?
«È il tipico trumpismo, e non rispondo nulla. Penso però che sia in linea con il suo violentissimo attacco pubblico contro il giudice federale che sta seguendo il caso della cosiddetta università di Trump. Sta cercando di dirottare l’attenzione dalle accuse molto pesanti di frode, di fatto confermate da alcuni responsabili che hanno lavorato con lui. Tutto molto tipico di lui».
Per quanto riguarda le email, il rapporto dell’ispettore generale del Dipartimento di Stato è stato molto severo sulle sue azioni. Accetta la conclusione che non avrebbe potuto utilizzare un account di email personale, che ha violato le regole?
«Il rapporto in realtà mette in evidenza che ho seguito una prassi già utilizzata da altri segretari e alti responsabili del Dipartimento di Stato. Ho già detto che è stato un errore, se avessi dovuto...».
No, no, qui dice «uso esclusivo di un account personale...»
«Certamente se mi ricapitasse l’occasione, non lo farei più, ma penso che questo regole non siano state messe in chiaro se non dopo che ho lasciato la carica, perché l’avevano fatto anche gli altri. C’era sicuramente motivo di ritenere, come avevo fatto, che questa prassi fosse in linea con quanto fatto in precedenza».
Lei però era l’unica a utilizzare esclusivamente un account personale. Anche il segretario Powell aveva una email personale.
«Ho detto che è stato un errore, che non lo rifarei, ma penso che le regole non fossero state messe in chiaro fino a dopo che ho lasciato la carica, e il primo segretario di Stato a utilizzare un account di posta elettronica del governo fu John Kerry dopo qualche mese dall’entrata in carica. I fatti sono questi».
Perciò lei non accetta le conclusioni del rapporto perché sostiene di non essere stata a conoscenza delle regole?
«Tutti al Dipartimento di Stato sapevano che inviavo mail da un indirizzo privato. Centinaia di persone lo sapevano. Gente del governo lo sapeva. Questa era la prassi e questo feci».
In altre parole, lei non accetta le conclusioni del rapporto. Ha avuto contatti con l’Fbi per questa faccenda?
«Non mi hanno convocata per un colloquio. Già nell’agosto scorso dissi che ero più che disponibile e che mi sarebbe piaciuto farlo al più presto possibile e lasciarci alle spalle questa faccenda».
Martedì andranno al voto molti Stati, California inclusa. La gara contro Bernie Sanders è finita, anche se lui dovesse vincere la California?
«Se si guarda al voto popolare, alla maggioranza dei delegati, dovrei già averla martedì, ma continuerò a battermi in California e negli altri Stati perché voglio avere il voto più forte possibile. Considerato il punto in cui siamo, penso che alla chiusura del voto martedì non solo avrò un margine di più di tre milioni di voti, ma anche una significativa maggioranza dei delegati».
*Copyright: ABC News «This Week with George Stephanopoulos». Traduzione di Anna Zafesova