La Stampa 6.6.16
Parisi adesso sogna il sorpasso “Ai grillini dico: votate per me”
Il
candidato di Forza Italia e Lega guarda al secondo turno e corteggia il
M5S: “La partita è aperta. Chi vuole il cambiamento scelga me, noi
oltre le ideologie”
di Stefano Rizzato
La prima
volta è passato dal seggio per caso, o almeno così ha voluto far
credere. In sella, tenuta da cicloamatore di quelli seri, caschetto ben
allacciato sulla testa. Poi Stefano Parisi alle urne è tornato in polo e
scarpe da ginnastica, a pedalata e doccia fatte, col sorriso ma senza
rilasciare vere dichiarazioni. Tranne questa: «Ho fatto 60 chilometri
stamattina. Sala ha parlato? Ha fatto male perché c’è il silenzio
elettorale».
A sera, le prime parole del candidato sindaco del
centrodestra sono piene di ottimismo: «In quattro mesi - dice dal suo
quartier generale all’Hotel Marriott, appena dopo le 23 - abbiamo
recuperato una situazione dove sembrava che il centrosinistra avrebbe
vinto al primo turno. Dai risultati mi pare che ci sia una grande
maggioranza di milanesi che hanno votato per il cambiamento. Tre mesi fa
non mi conosceva nessuno, mentre Beppe Sala era molto noto per l’Expo».
Rimonta riuscita
È
stata in effetti una lunga volata controvento quella di Parisi. Che di
certo ha saputo compiere una rimonta non da poco. I primi exit poll
parlano di cinque punti di distacco: un po’ deludente, rispetto agli
ultimi sondaggi. «Il fatto che ci sarà un ballottaggio - dice comunque
Parisi - significa già che c’è una partita aperta. il 60 per cento dei
milanesi ha votato per il cambiamento, e non per la coalizione uscente.
Beppe Sala prende molti meno voti di quanti ne abbia presi Pisapia.
Abbiamo grandi possibilità di farcela: una differenza di cinque punti
sarebbe il miglior ballottaggio in Italia, tutti gli altri presentano
divari più ampi».
Ma via via la forbice diventa sempre più
ridotta. Sarà il tema dominante della nottata: ad ogni dato
incoraggiante la sala esulta, quando il distacco cresce la sala mormora.
All’una e 48, la proiezione di La7 annuncia persino il sorpasso, ed è
boato. Vero. L’ex numero uno di Fastweb ostenta meno interesse per i
numeri, e preferisce guardare avanti. «Nei prossimi 15 giorni - dice -
ci sono tre mondi cui dobbiamo parlare. Il primo è fatto dal 45 per
cento di persone che non ha votato al primo turno. Poi ci sono i
milanesi del Movimento 5 Stelle: gente che non ama la continuità e che
in noi deve vedere una nuova proposta. E poi anche la sinistra che non
ha votato volentieri per Sala: stiamo facendo una proposta politica che
va al di là del centrodestra e degli schemi ideologici».
L’attacco al governo
C’è
delusione, invece, per il dato sull’affluenza. Che a Milano si è
fermata al 54,7 per cento, lontana dai numeri del 2011. La scelta di
votare solo di domenica era già stata criticata con durezza, al seggio,
da Matteo Salvini. Parisi è sulla stessa linea e attacca direttamente il
governo: «Se l’affluenza è stata bassa è evidente di chi è la
responsabilità. È molto grave, ed è stata una scelta antidemocratica
mettere a votare la gente il 5 giugno, solo di domenica e dopo un ponte.
Nel 2011 si votò a maggio con le scuole aperte e anche di lunedì.
Questa volta, è chiaro, non si voleva far andare a votare la gente».
Sugli
della grande sala che ospita il quartier generale, si guardano con
attenzione anche i dati che riguardano Roma. Pochi dubbi: è lì più che a
Milano che è in palio un bel pezzo della leadership nel centrodestra.
Il laboratorio milanese e la coalizione unita sono la terza via,
l’alternativa allo scontro frontale tra Berlusconi e Salvini. Attorno a
Parisi si è aggregata la coalizione trasversale che è mancata a Roma. Ma
i dubbi sono tutti sul «post»: l’armonia reggerà anche lontano dalle
urne? «I cinque partiti che mi sostengono - risponde Parisi - hanno
condiviso e sottoscritto un programma di governo che io m’impegno a
realizzare, se avrò la fiducia degli elettori al ballottaggio del 19
giugno. La Lega intercetta un malessere vero, a Milano e altrove, ed è
giusto ascoltarlo. Ma credo di avere una forte libertà e autonomia per
andare a prendere il consenso di tutti i milanesi che vogliono
cambiare».