La Stampa 4.6.16
Erdogan, sultano d’Africa
A Mogadiscio la porta per la conquista ottomana
In Somalia ha fatto scena sbarcando con le forze speciali
Nel Continente stringe accordi senza badare ai diritti umani
di Giordano Stabile
Il
sogno imperiale di Erdogan non è limitato al Medio Oriente. Il
presidente turco ha visto, fin dalla sua prima elezione, una nuova
frontiera nell’Africa. In quindici anni ha sviluppato una impressionante
rete di relazioni. La visita di ieri di Erdogan a Mogadiscio per
inaugurare la nuova ambasciata riassume tutta la politica neo-ottomana
nel Continente. Dal 2009 a oggi Ankara ha inaugurato 23 ambasciate, ha
ora rappresentanze al massimo livello in 39 Paesi e, come ha detto
Erdogan, vuole arrivare in «tutti e 52» i Paesi africani.
La
Turkish Airlines è stata la prima compagnia europea ad aprire un volo
diretto con Mogadiscio, nel 2012. Nel 2015 è diventato il primo vettore
per numero di collegamenti in Africa, 39 destinazioni. L’aeroporto
internazionale della capitale somala è stato costruito con il
finanziamento di Ankara. Erdogan è andato a inaugurarlo nel 2015 e
quello di ieri è stato il terzo viaggio in Somalia in 5 anni. Una
presenza costante, capillare, e incondizionata. La Turchia, come la
Cina, investe e finanzia senza chiedere rispetto dei diritti umani. E
questo l’avvantaggia rispetto a Ue e Usa.
I risultati si sono
visti prima di tutto nell’economia. Nel 2015 il volume del commercio con
l’Africa sub-sahariana ha superato gli 8 miliardi di dollari, dai 742
milioni del 2000. Ma con tecnici e imprenditori sono arrivati anche i
militari. La Turchia partecipa a cinque missioni nel continente (in
Congo, Darfur, Sud Sudan, Costa d’Avorio, Liberia) e gioca una partita
politica sua.
La partita libica
Ankara vede due principali
porte d’ingresso per i suoi interessi nell’Africa sub-sahariana: Libia e
Somalia. In Libia si è schierata con Tripoli contro Tobruk, ma ora ha
riconosciuto il governo di unità di Fayez al-Serraj. Soprattutto perché
si appoggia alle milizie di Misurata, città vicina ai Fratelli, la più
fedele fra quelle libiche all’Impero ottomano. Un volo diretto della
Turkish Istanbul-Misurata suggella l’alleanza. L’appoggio a Misurata è
anche in funzione anti-Egitto, sponsor di Tobruk e del generale Khalifa
Haftar. I rapporti con il presidente al-Sisi, reo di aver rovesciato il
predecessore fratello musulmano, Mohammed Morsi, sono pessimi, anche se
l’Arabia Saudita media per ricomporre l’asse fra le tre potenze sunnite.
Erdogan ha ottimi rapporti invece con il presidente sudanese Omar
al-Bashir, ricercato dall’Aia per crimini contro l’umanità.
Il Corno d’Africa
Altro
alleato nella regione, con un rispetto dei diritti umani forse peggiore
di quello del Sudan, è l’Eritrea. A Gibuti, minuscolo Stato dalla
posizione strategica all’imbocco del Mar Rosso, Ankara è stata superata
dagli Emirati arabi uniti, rivali di Qatar, Turchia e Fratelli
musulmani. Ma Erdogan ha risposto con la Somalia. È il centro della sua
politica africana. I turchi stanno allestendo una base militare vicino a
Mogadiscio per addestrare le forze anti-terrorismo. Ankara ha
modernizzato il porto, realizzato ospedali e scuole. La Somalia è stata
alleata dell’Impero ottomano fin dal 1500, quando il Sultanato di Adal
intraprese una serie di guerre espansioniste verso l’Abissinia e
l’Etiopia. La Turchia moderna ha riallacciato le relazioni nel 1979.
Durante la carestia del 2011 le Ong turche sono state in prima linea con
gli aiuti. Da allora i rapporti sono strettissimi. L’ambasciatore ha
tentato una mediazione fra governo e i jihadisti di Al-Shabaab, senza
esito. Ora Erdogan, che ha esibito i muscoli nella sua visita, scortato
dalle forze speciali, vuole essere in prima linea nella distruzione del
gruppo islamista. Anche per rinsaldare i rapporti con un nuovo alleato,
il Kenya cristiano al 90%.