giovedì 2 giugno 2016

La Stampa 2.6.16
“Con il referendum del ’46 il popolo italiano cancellò il passato e scommise sul futuro”
L’ex ministro socialista Rino Formica: a ottobre non si sceglierà una forma più matura di Stato e nessuno ha più fiducia nella politica
di Fabio Martini

In quelle giornate memorabili Rino Formica era un ragazzo di 19 anni e oggi, che di anni ne sono passati 70, resta in lui un’immagine nitida: «Il 2 giugno del 1946 si votava per il referendum Monarchia-Repubblica ma anche per i partiti. Ricordo quelle ore: ci fu straordinaria passione popolare per la scelta istituzionale, persino più che per i partiti appena rinati. C’era un popolo che, scegliendo una nuova forma di Stato, condannava il passato e scommetteva sul proprio futuro». Differenze con oggi? «Una differenza abissale: in autunno non andiamo a decidere una forma più alta e matura di Stato, col superamento di uno Stato nazionale ricollocato in uno sovranazionale. C’è una drammatizzazione, come nel 1946, ma tutta ripiegata sulla quotidianità politica. E c’è un popolo che non ha più fiducia nel futuro e nella politica». Classe 1927, barese, figlio di un ferroviere antifascista, temperamento anti-conformista durante tutta la sua militanza socialista, Formica è uno dei pochi testimoni pienamente consapevoli del 2 giugno 1946.
Nella campagna referendaria si affacciarono caratteri poi permanenti, come l’ ambivalenza della Dc: come si manifestò l’agnosticismo rispetto al referendum?
«Ricordo che pochi giorni prima del 2 giugno il giovane Aldo Moro, candidato per la Dc alla Costituente, fece un comizio a Palo del Colle, nella bellissima piazza di quel paese, una bomboniera, nella quale campeggiava un enorme palco. Sullo sfondo di quel palco c’era una bandiera tricolore con lo stemma sabaudo...».
Un comizio sotto le insegne sabaude: una sorpresa?
«Pochi giorni dopo incontrai Moro in treno. Gli dissi: mi scusi professore ma non mi aveva detto che dovevamo essere repubblicani e accantonare per il momento le posizioni partitiche? E lui mi rispose: sì, ma lei lo sa che a Palo del Colle sono tutti monarchici?».
Proprio mantenendo i piedi in due schede la Dc divenne il partito di maggioranza relativa?
«Poco prima del referendum Pietro Nenni chiese ad Alcide De Gasperi: scusa, ma tu per chi voti? E l’altro gli rispose: “Ti posso dire solo una cosa: il mio nero Trentino darà più voti alla Repubblica della tua Emilia-Romagna”. E fu così».
L’Italia risultò divisa in due: il centro-nord con la Repubblica, il Sud con la Monarchia, compresa la sua Bari che, pure, aveva vissuto in democrazia già da tre anni...
«Nel 1944 ebbi la fortuna di conoscere Benedetto Croce nella villa dell’ingegner Laterza sulla via di Carbonara. Noi giovani socialisti e azionisti non facemmo domande e ascoltammo Croce che disquisiva sul futuro dell’Italia. Ad un certo punto, parlando di violenza politica, Croce disse: vi siete mai chiesti come mai in Italia non c’è stato un corpo spietato come le Ss?».
Come si rispose Croce?
«Disse: “Da noi poliziotti e carabinieri sono tutti ragazzi del Sud, ragazzi di buon cuore. Pensate invece se fossero stati tutti toscani...».
Allora pochi pensavano che la Monarchia sarebbe finita?
«Al Sud, occupato da un esercito sbarcato ostile, convivevano due governi (quello di Badoglio e quello anglo-americano): qui i partiti furono legittimati col “timbro” alleato, il che favorì la continuità dello Stato e il ritorno dei “galantuomini; nel “sopra-Roma” convivevano governo repubblichino e tedesco, mentre il Cln Alta Italia, dopo la Liberazione, pensava di proseguire la rivoluzione politica. Il generale Alexander impose per decreto il disarmo delle brigate partigiane. Nenni, spirito giacobino, fece un comizio d’attacco nell’autunno 1945 e venne arrestato! Ricordo che dal partito ci dissero: portate via l’elenco degli iscritti e io li portai da un compagno che aveva un’autorimessa».
Come nacque il famoso slogan: o Repubblica o caos?
«Nenni capisce che il vecchio Stato si stava ricomponendo e che l’unica rottura possibile era quella istituzionale. E lancia quello slogan, poi rivelatosi determinante. Togliatti sopporta Nenni e De Gasperi lo aiuta: la parte più illuminata della Dc capisce che l’unico sfogo possibile è il cambio Monarchia-Repubblica. E punta invece a salvaguardare la continuità nella struttura dello Stato».
Nelle scelte per il 2 giugno 1946 c’è tanta storia successiva?
«Solo un esempio, trascurato dagli storici. Per decenni Giulio Andreotti fondò il proprio potere su una corrente, incredibilmente soltanto laziale: perché era la corrente del cuore dello Stato».