mercoledì 29 giugno 2016

La Stampa 29.6.16
Si risvegliano le correnti Pd
I renziani temono imboscate
Dopo i ballottaggi come d’incanto si sono mobilitate le correnti Pd, con le loro denominazioni controllate
Franceschiniani, orfiniani e orlandiani, speranziani, cuperliani, cattorenziani, turborenziani
Congresso e governo da rifare se si perde il referendum riaccendono appetiti e fanno scattare il ritorno ai vecchi campanili
di Carlo Bertini

L’ultimo siparietto di giornata fotografa Dario Franceschini appoggiato a una colonna con Lorenzo Guerini che lo ascolta divertito, anche se la faccia del ministro della Cultura non trasuda buon umore. Forse - ma si entra nel terreno delle congetture - i due parlano delle accuse di tramare alle spalle del premier che nei conversari di palazzo fanno i renziani, dopo che è venuta a galla una cena galeotta di qualche sera fa: dove attorno a un tavolo si sono ritrovati con il ministro i pezzi forti della sua storica corrente. In primis Piero Fassino e poi Ettore Rosato che del Pd è capogruppo, Roberta Pinotti, Marina Sereni, Emanuele Fiano, altri due membri di governo come Antonello Giacomelli e Gianclaudio Bressa, insomma tutti i componenti della direzione di AreaDem, che da due anni non veniva riunita. Sdegnato Franceschini fa sapere di essere assai scocciato da queste accuse, di essere leale ministro del governo Renzi, di essere tra quelli che in caso di sconfitta chiederanno al premier di non dimettersi, dunque al di sopra di ogni sospetto. Però alla Camera non si parla d’altro, Rosato è costretto a smentire i rumors che danno Franceschini come futuro sostituto di Renzi a Palazzo Chigi. «Chiacchiere».
Ma la sconfitta alle amministrative e le possibili ripercussioni del referendum italico non sono solo al centro delle analisi dei big di AreaDem: dopo i ballottaggi come d’incanto si sono risvegliate dal sonno le correnti Pd, con le loro denominazioni Doc. Franceschiniani, orfiniani e orlandiani, speranziani, cuperliani, cattorenziani, turborenziani. Ieri sera tutti i senatori e deputati dei «giovani turchi» di Orfini e Orlando erano convocati alla Camera, ma una lieve indisposizione del presidente del partito costringeva il coordinatore di corrente Daniele Marantelli a mandare a tutti un sms di rinvio. Pur se usciti acciaccati dai casi di Roma e Napoli, i «turchi» sono in grande spolvero, mostrano insofferenza, propugnano uno spostamento a sinistra dell’asse di governo. Un ex Ds come Davide Zoggia sostiene che il ministro «sta facendo molte telefonate anche tra noi». E racconta pure di essersi chiesto con Bersani perché Renzi dopo aver prefigurato un anticipo del congresso ancora non lo convochi: «Un congresso a novembre dovrebbe essere già avviato e invece niente». E infatti un renziano che chiede di restare anonimo pone una domanda retorica: «Pensano che se perdiamo il referendum si anticipa il congresso? Le liste Pd per le urne le faremo comunque noi, il congresso è previsto a fine 2017...».
Il clima è questo e non sorprende che Italicum, governo dimissionario in caso di sconfitta al referendum e congresso Pd, messi insieme, accendano timori, angosce e forse appetiti. Tra le varie contese sulla leadership va ad esempio riportata un’altra voce che gira: secondo cui tra Speranza e Cuperlo (che hanno riunito le rispettive correnti) potrebbe imporsi la personalità di Vasco Errani, sempre vicino a Bersani. Così come sul fronte renziano non è passato inosservato l’attivismo di Matteo Richetti, capofila dei cattorenziani, corrente affollata anche in Senato. In area centrista tutto si muove, una vecchia volpe come Beppe Fioroni non sta certo fermo e tende a fare tandem con Guerini e gli ex Dc di fede renziana. Le correnti sono rinate, nota qualcuno, tranne quella di Enrico Letta.