martedì 28 giugno 2016

La Stampa 28.6.16
La Rai dica quali programmi finanzia con il canone e quali con la pubblicità
risponde Paolo Festuccia

Caro Paolo,
spesso si parla di servizio pubblico, ma che cos’è veramente? Una volta, con la lottizzazione, era abbastanza chiaro: Rai 1 alla Dc, Rai 2 al Psi e Rai 3 al Pci, e questo serviva a far sentire le tre principali voci politiche del Paese. Poi il caos; Rai 1 e 2 decisamente filogovernative e Rai 3 che a denti stretti ha sempre tentato di mantenere una sua identità. Dall’altra parte della barricata Mediaset, che ovviamente rappresenta la voce della destra.
Passando ai programmi, l’avvento della televisione commerciale ha portato la Rai a un adeguamento verso il basso per ovvie ragioni di introiti pubblicitari, portando il servizio pubblico e la televisione privata ad essere uguali, con relativa sfida Auditel e con l’unica differenza che la Rai incassa anche il canone. Notevole cifra che serve, più che per migliorare i programmi, a mantenere un organico esagerato che molto assomiglia a un ammortizzatore sociale. Ogni volta che cambiano il presidente e il direttore generale c’è la promessa di un risanamento dell’azienda, ma fino ad ora non è mai successo. Trattandosi di soldi pubblici, dobbiamo rimanere ancora in fiduciosa attesa o ci dobbiamo rassegnare?
Luigi La Carrubba

Gentile Luigi, la Rai dalla sua fondazione è cambiata molto. Così come è mutato il contesto storico e sociale nel quale opera. Con l’avvento del digitale, inoltre, sono aumentati gli operatori televisivi e si sono ridotti gli spazi di crescita. E, dunque, se è vero che il canone resta cruciale per il funzionamento della Tv pubblica è altrettanto vero che la Rai dovrebbe fare di più per meritare i proventi della tassa che gli italiani le versano.
Non sarebbe inutile in questo senso, infatti, che i nuovi vertici - anche alla luce dei poteri ottenuti con la riforma varata - chiarissero definitivamente quali sono i compiti, la missione e anche i programmi finanziati con i proventi dal canone e quali quelli realizzati con gli introiti pubblicitari. In questa maniera non si risolverebbero tutti i problemi della Rai ma almeno si aiuterebbero più compiutamente i cittadini a capire cosa finanziano con quella che, a torto o a ragione, viene considerata una delle tasse più detestate.