La Stampa 27.6.16
Quei giovani che hanno disertato il voto
di Linda Laura Sabbadini
C’è
stato un conflitto generazionale dietro i risultati di Brexit? Anziani
sotto tiro, sono loro la causa di Brexit, contro i giovani convinti
dell’Europa. Né l’una né l’altra delle affermazioni è confermata dai
dati. Partiamo dai giovani.
La verità è che, se i dati commentati
da Enrico Letta, e stimati anche da Ipsos, sono corretti, sono andati a
votare in pochi, il 36% tra i 18 e 24 anni contro più dell’80% degli
ultrasessantacinquenni. Il che vuol dire che i giovani non sono proprio
scesi in campo. Ma ciò è avvenuto per un referendum in cui c’è stata una
grande partecipazione popolare, come il Regno Unito non vedeva da
tempo, dal 1992, oltre il 70%, a fronte di un 50% delle ultime elezioni.
Il primo interrogativo che dovremmo porci è perché i giovani non si
sono interessati a Brexit, e gli altri sì. Il 75% dei giovani, stimato
prima delle elezioni, e quindi difficile da considerare, avrebbe votato
contro Brexit, per il «remain» ma, attenzione, si tratterebbe del 75%
del 36% che ha votato contro Brexit, cioè solo di poco più del 10% dei
giovani britannici. Tutti gli altri a casa, disinteressati, o
disinformati. Possono essere questi rappresentativi dei giovani al punto
da considerarli parte di un conflitto generazionale?
Assolutamente no.
Ma
veniamo agli anziani. Può essere che abbiano votato in tanti per
Brexit. Ma possono gli anziani da soli aver determinato questa vittoria?
No, sono troppo pochi. Gli anziani nel Regno Unito rappresentano il 22%
della popolazione, ma secondo la stima Ipsos Mori hanno raggiunto il
29% tra i votanti. I sondaggi di Ipsos Mori prima del referendum
evidenziavano una maggiore tendenza anche delle classi sociali basse a
schierarsi per uscire dall’Ue, pure tra i giovani, specie con titolo di
studio più basso. Chi si schierava per uscire dall’Ue lo faceva molto
per paura, degli immigrati e per le difficoltà economiche che
incontrava. I giovani rappresentano il 29% della popolazione e il 22%
dei votanti. la scarsa partecipazione al voto dei giovani,
tendenzialmente più favorevoli all’Europa, ha penalizzato il fronte del
«remain». Ma perché la generazione dell’Erasmus, dell’Europa senza
confini non si è attivata e non è andata neanche a votare? Il Regno
Unito è chiaramente un Paese spaccato a metà, ma non è emerso nessun
conflitto generazionale, semplicemente perché i giovani si sono defilati
dal voto e gli anziani da soli non avrebbero potuto determinarlo. Ma
voglio porre un problema a mio avviso più grave su cui soffermarci. I
cittadini del Regno Unito non brillano, in generale, per «patriottismo
europeo». L’indagine condotta dalla Commissione Europea nel 2015,
Eurobarometro, rilevava che il 64% dei cittadini britannici si sentono
solo tali, piuttosto che anche europei. Era il Paese in cui questa
percentuale si presentava più alta, contro una media del 38% di tutta
Europa. E, attenzione, neanche tra i giovani la maggioranza si sentiva,
insieme, britannica ed europea. I cittadini del Regno Unito sono anche
quelli tra gli europei che conoscono meno i diritti come europei, e
questo anche tra i giovani.
Stiamo attenti quindi quando
analizziamo i dati. Non semplifichiamo troppo l’analisi, non forziamola;
certo i giovani si sentono un po’ più europei degli adulti e degli
anziani, ma il problema è che la coscienza europea è bassa e, quindi,
diventa fragile, soprattutto in momenti critici come questi, quando il
referendum per l’uscita dall’Europa può diventare la canalizzazione di
uno scontento che riguarda altri aspetti. C’è da chiedersi quanta
informazione seria è stata diffusa alla vigilia del voto, quanto abbia
giocato la demagogia, la paura, le migrazioni. E non si può che
richiamare l’attenzione sull’irresponsabilità da parte dell’inquilino di
Downing Street nell’usare una questione così delicata in un momento
così critico, per semplici giochi di potere. Cameron avrebbe dovuto
sapere che la coscienza europea nel suo Paese era così bassa e che
quindi esponeva il Paese e l’Europa tutta a rischi elevati. Il Regno
Unito merita di meglio che politici così spregiudicati, specie in questo
momento.
Ma questa va considerata come una lezione per tutti.
Quanto
realmente in tutti i nostri Paesi la coscienza europea è incardinata e
viva? Quanto un referendum può spazzarla via per motivi estranei al
referendum stesso? Forse mai prima d’ora, seppure per uno choc così
enorme come l’uscita dall’Unione di uno Stato membro così importante, un
tema riguardante l’Unione era stato così sentito, discusso,
partecipato, sofferto. Se la classe dirigente europea saprà farsi tale
ed affrontare le cause profonde, l’Europa, seppur ferita, muoverà i suoi
passi verso la formazione di un popolo e di una diffusa coscienza
europea. Ma tutto ciò non potrà venire solo dall’alto. I giovani a
questo punto devono farsi avanti.