La Stampa 25.6.15
Per Putin è una vittoria
Ora spera che si sgretoli il fronte delle sanzioni
I media del Cremlino: l’Unione europea ha fallito
di Lucia Sgueglia
E
finalmente Putin si pronuncia su Brexit. Negando di provare «gioia» per
l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue, come sostengono molti a
Occidente: la Russia «non ha mai interferito, né influenzato» il voto, e
a David Cameron che ha agitato lo spauracchio dello zar per sventare il
Leave, ribatte: «Una manifestazione di basso livello di cultura
politica».
Ma se dare alla Russia la colpa dell’esito del
referendum è fuori luogo, non v’è dubbio che Brexit sia una «felice
sorpresa», un successo strategico di Putin: perché insinua un cuneo tra
Europa e Stati Uniti, indebolendo la coesione atlantica. Lo dimostra la
pacata euforia dei media di Stato russi ieri mattina: la Ue ha «fallito
la propria missione», scrive la Tass; «La Gran Bretagna ha scelto
l’indipendenza, una lezione per la sete di potere di Cameron», apre
Radio Vesti24.
Un «regalo» per la propaganda del Cremlino e i suoi
capisaldi: un’Europa più debole e meno compatta sulle sanzioni (di cui
Londra era tra i più strenui sostenitori), lo sprint dei movimenti
euroscettici appoggiati anche finanziariamente dai russi. Ma soprattutto
un’Europa più lontana dall’influenza Usa. «Non è l’indipendenza della
Gran Bretagna dall’Europa, ma dell’Europa dagli Stati Uniti», esulta
Boris Titov, imprenditore consigliere di Putin. Persino l’ex
ambasciatore Usa a Mosca Michael McFaul, ammette: «È una vittoria per la
politica estera di Putin». Spera il sindaco di Mosca Sergey Sobyanin:
«Senza il Regno Unito nella Ue non ci sarà nessuno a difendere con tanto
zelo le sanzioni contro di noi». Per Dmitri Trenin, direttore del
Centro Carnegie a Mosca, «Brexit significa l’indebolimento del fronte
russo-scettico nella Ue: Baltici, Polonia e Svezia». «Dopo la Gran
Bretagna, la Nato, Schengen, e l’euro crollerà», s’infuoca il
nazionalista Zhirinovsky.
A fine maggio, l’ambasciata russa a
Londra aveva lanciato una campagna su Twitter, #WhatBritainLost, per
ricordare agli inglesi i costi della «guerra delle sanzioni europee»
contro la Russia sull’economia british. Mentre la tv filo-Cremlino in
lingua inglese Russia Today, che trasmette anche da Londra, parteggiava
chiaramente per Leave. Forse a questo si riferiva Cameron.
Ma il
«soft power» conta pure su «Londongrad». Quei 150 mila russi residenti a
Londra, molti ricchi oligarchi, ma anche dissidenti, per i quali Brexit
potrebbe aprire «ottime opportunità», spiega Ben Judah sul «Moscow
Times»: nell’immobiliare, approfittando del crollo della sterlina per
far razzia di proprietà nel Regno Unito; o sfruttando la «opacità
legale» che può seguire allo sganciamento dalle regole Ue per quanto
riguarda riciclaggio e altri loschi affari.
Tuttavia, le società
russe quotate a Londra tremano. E alcuni temono che Brexit alla lunga
possa ritorcersi contro la Russia. Rafforzando Angela Merkel e l’asse
Germania-Polonia in Europa. Poi la Ue, nonostante le sanzioni, «è ancora
il nostro principale partner commerciale - ricorda il senatore K.
Kosachev –. Se cade a pezzi, peserà su di noi». Ieri il rublo è calato
pesantemente sul dollaro, come le azioni di Gazprom, Rosneft e Lukoil;
ma il ministero delle Finanze per ora esclude «rischi seri». Intanto la
fuga dalla sterlina all’oro, che Mosca ha accumulato in enormi riserve a
partire dal 2006, avrebbe fatto guadagnare 2,4 miliardi di dollari alla
Russia in 24 ore.