La Stampa 25.6.15
Il Papa in Armenia: “Fu il primo genocidio”
Francesco parla a braccio e ricorda le “tragedie rese possibili da aberranti motivazioni razziali”
di Andrea Tornielli
«Tutti
coloro che dichiarano la loro fede in Dio uniscano le loro forze per
isolare chiunque si serva della religione per portare avanti progetti di
guerra, di sopraffazione e di persecuzione violenta, strumentalizzando e
manipolando il santo nome di Dio».
Lo ha chiesto papa Francesco
prendendo la parola di fronte al presidente Serzh Sargsyan e alle
autorità politiche e diplomatiche, nel palazzo presidenziale di Yerevan,
in una grande sala con il tetto a botte decorato con stucchi, al
termine del primo giorno della visita in Armenia.
Il Pontefice ha
citato i massacri perpetrati dai turchi cento anni fa e ha voluto
aggiungere a braccio la parola «genocidio», non presente nel testo. «Noi
non stiamo cercando colpevoli - aveva detto il presidente riferendosi
al genocidio - vogliamo solo che le cose siano chiamate con il loro
nome, perché questo permetta a due popoli vicini di fare passi avanti
verso una genuina riconciliazione». Francesco ha voluto ricordare il
coraggio con cui l’Armenia ha testimoniato la sua fede, soffrendo molto
ma tornando sempre a rinascere. Ha quindi parlato del «Metz Yeghérn, il
“Grande Male”», lo sterminio di un milione e mezzo di armeni, iniziato
nel 1915. Quella «tragedia, quel genocidio», ha aggiunto scandendo bene
la parola dopo aver alzato lo sguardo dai fogli, «inaugurò purtroppo il
triste elenco delle immani catastrofi del secolo scorso, rese possibili
da aberranti motivazioni razziali, ideologiche o religiose, che
ottenebrarono la mente dei carnefici fino al punto di prefiggersi
l’intento di annientare interi popoli». «È tanto triste sia in questo
armeno come negli altri due - ha aggiunto a braccio, riferendosi
implicitamente alla Shoah e alle vittime dello stalinismo - le grandi
potenze internazionali guardavano da un’altra parte». Nell’aprile
dell’anno scorso, l’aver usato la parola «genocidio» da parte del Papa
provocò una durissima reazione della Turchia, che richiamò
l’ambasciatore accreditato in Vaticano. Strappo poi ricucito. Bisognerà
attendere le prossime ore per vedere quale sarà la reazione di Ankara.
Francesco
ha chiesto che la memoria dei fatti del passato eviti nuovi orrori.
Quanti si dichiarano credenti devono unirsi per isolare chi
strumentalizza il nome di Dio. Ha quindi osservato che oggi, «in
particolare i cristiani, come e forse più che al tempo dei primi
martiri» sono «in alcuni luoghi discriminati e perseguitati», mentre
troppi conflitti» in varie aree del mondo causano «lutti, distruzioni e
migrazioni forzate di intere popolazioni». Il Papa ha fatto un appello
perché i responsabili delle nazioni «intraprendano con coraggio e senza
indugi» iniziative per porre fine a queste sofferenze, avendo come
obiettivi primari la pace, la difesa e l’accoglienza «di coloro che sono
bersaglio di aggressioni e persecuzioni».
Appena atterrato in
Armenia il Papa si è recato nella cattedrale di Etchmiadzin, il
«Vaticano armeno», sede del Catholicos Karekin II, dove sarà ospitato
per due notti. Un «segno di amore», lo ha definito Bergoglio, che «dice
in maniera eloquente, molto più delle parole, che cosa significhino
l’amicizia e la carità fraterna». Dopo l’ingresso in processione
accompagnato dai canti liturgici, sfilando tra preti e vescovi
apostolici vestiti di nero con il classico cappuccio a punta, il Papa e
il Catholicos hanno baciato il Vangelo e una croce d’argento, e si sono
abbracciati. Nel suo saluto, Francesco ha detto che l’unità e la
collaborazione tra i cristiani mostra «all’intera società una concreta
via percorribile per armonizzare i conflitti che lacerano la vita civile
e scavano divisioni difficili da sanare». L’ecumenismo non interessa
solo le varie confessioni cristiane. È anche un segno di pace per il
mondo.