sabato 25 giugno 2016

La Stampa 25.6.15
Il Papa in Armenia: “Fu il primo genocidio”
Francesco parla a braccio e ricorda le “tragedie rese possibili da aberranti motivazioni razziali”
di Andrea Tornielli

«Tutti coloro che dichiarano la loro fede in Dio uniscano le loro forze per isolare chiunque si serva della religione per portare avanti progetti di guerra, di sopraffazione e di persecuzione violenta, strumentalizzando e manipolando il santo nome di Dio».
Lo ha chiesto papa Francesco prendendo la parola di fronte al presidente Serzh Sargsyan e alle autorità politiche e diplomatiche, nel palazzo presidenziale di Yerevan, in una grande sala con il tetto a botte decorato con stucchi, al termine del primo giorno della visita in Armenia.
Il Pontefice ha citato i massacri perpetrati dai turchi cento anni fa e ha voluto aggiungere a braccio la parola «genocidio», non presente nel testo. «Noi non stiamo cercando colpevoli - aveva detto il presidente riferendosi al genocidio - vogliamo solo che le cose siano chiamate con il loro nome, perché questo permetta a due popoli vicini di fare passi avanti verso una genuina riconciliazione». Francesco ha voluto ricordare il coraggio con cui l’Armenia ha testimoniato la sua fede, soffrendo molto ma tornando sempre a rinascere. Ha quindi parlato del «Metz Yeghérn, il “Grande Male”», lo sterminio di un milione e mezzo di armeni, iniziato nel 1915. Quella «tragedia, quel genocidio», ha aggiunto scandendo bene la parola dopo aver alzato lo sguardo dai fogli, «inaugurò purtroppo il triste elenco delle immani catastrofi del secolo scorso, rese possibili da aberranti motivazioni razziali, ideologiche o religiose, che ottenebrarono la mente dei carnefici fino al punto di prefiggersi l’intento di annientare interi popoli». «È tanto triste sia in questo armeno come negli altri due - ha aggiunto a braccio, riferendosi implicitamente alla Shoah e alle vittime dello stalinismo - le grandi potenze internazionali guardavano da un’altra parte». Nell’aprile dell’anno scorso, l’aver usato la parola «genocidio» da parte del Papa provocò una durissima reazione della Turchia, che richiamò l’ambasciatore accreditato in Vaticano. Strappo poi ricucito. Bisognerà attendere le prossime ore per vedere quale sarà la reazione di Ankara.
Francesco ha chiesto che la memoria dei fatti del passato eviti nuovi orrori. Quanti si dichiarano credenti devono unirsi per isolare chi strumentalizza il nome di Dio. Ha quindi osservato che oggi, «in particolare i cristiani, come e forse più che al tempo dei primi martiri» sono «in alcuni luoghi discriminati e perseguitati», mentre troppi conflitti» in varie aree del mondo causano «lutti, distruzioni e migrazioni forzate di intere popolazioni». Il Papa ha fatto un appello perché i responsabili delle nazioni «intraprendano con coraggio e senza indugi» iniziative per porre fine a queste sofferenze, avendo come obiettivi primari la pace, la difesa e l’accoglienza «di coloro che sono bersaglio di aggressioni e persecuzioni».
Appena atterrato in Armenia il Papa si è recato nella cattedrale di Etchmiadzin, il «Vaticano armeno», sede del Catholicos Karekin II, dove sarà ospitato per due notti. Un «segno di amore», lo ha definito Bergoglio, che «dice in maniera eloquente, molto più delle parole, che cosa significhino l’amicizia e la carità fraterna». Dopo l’ingresso in processione accompagnato dai canti liturgici, sfilando tra preti e vescovi apostolici vestiti di nero con il classico cappuccio a punta, il Papa e il Catholicos hanno baciato il Vangelo e una croce d’argento, e si sono abbracciati. Nel suo saluto, Francesco ha detto che l’unità e la collaborazione tra i cristiani mostra «all’intera società una concreta via percorribile per armonizzare i conflitti che lacerano la vita civile e scavano divisioni difficili da sanare». L’ecumenismo non interessa solo le varie confessioni cristiane. È anche un segno di pace per il mondo.