La Stampa 23.6.16
Periferie, 700 milioni congelati tra errori nei bandi e ritardi
I soldi sono stati stanziati dal governo, ma l’esame dei progetti procede a rilento
L’ira di Renzi con i tecnici. Ieri riunione al Tesoro
di Alessandro Barbera Gabriele Martini
Che
il Pd rischiasse una batosta nelle urne di periferia, Renzi lo temeva
da parecchio. Non si spiegano altrimenti i manifesti che ben prima di
giugno tappezzavano gli autobus di alcune grandi città: «500 milioni per
riqualificare le periferie. Era un impegno, ora è realtà». L’impegno
c’è, la realtà un po’ meno. Nei bilanci del ministero dell’Economia sono
parcheggiati da mesi 694 milioni di euro. Per i primi 194, stanziati a
ottobre 2015, sono in attesa 800 domande di altrettanti Comuni. La
procedura per l’assegnazione dei 500 milioni pubblicizzati nei manifesti
è ancora più indietro. Il decreto della presidenza del Consiglio che li
mette a disposizione è uscito a quattro giorni dalle amministrative, il
primo giugno, sei mesi dopo la legge che li ha stanziati. Negli uffici
di Palazzo Chigi qualcosa deve essere andato storto, perché il
provvedimento è uscito pieno di errori: sono stati corretti con due
addenda, il 3 e il 13 giugno.
Il treno ora è partito, ma arriverà a
destinazione con enorme ritardo. Dal primo giugno sono scattati novanta
giorni per la presentazione dei progetti: il termine è fissato per il
27 agosto. Da quel momento un nucleo di valutazione di sei persone
istituito a Palazzo Chigi deciderà quali progetti approvare e quali no
entro il 27 novembre. Entro il mese successivo - Natale permettendo - si
procederà alla stipula delle convenzioni.
Raccontano i ben
informati che il premier è piuttosto irritato per i ritardi accumulati
in questi mesi. E ne ha motivo: chi non ricorda la strage del Batalcan,
il dibattito sul destino delle periferie urbane e quell’impegno solenne
nella Sala dei Musei Capitolini? Era il 24 novembre 2015: «Per ogni euro
in più speso in sicurezza, investiremo un euro in cultura e periferie».
Fu allora che il premier annunciò i 500 milioni per «progetti da
presentare entro il 31 dicembre e da spendere entro l’anno solare 2016».
Se tutto andrà bene, a fine 2016 ci saranno al massimo annunciati i
vincitori dei bandi. Quando si dice lo scarto fra annunci e realtà.
Di
chi sia la responsabilità di un simile ritardo nessuno a palazzo vuole
ammetterlo. Come spesso accade per i decreti firmati da Palazzo Chigi,
nel «concerto» (si chiama così) sono coinvolti ben tre ministeri:
Economia, Infrastrutture e Beni Culturali. In ogni caso, ora che il
trionfo grillino nelle periferie è realizzato, governo e Comuni si sono
decisi a premere l’acceleratore. Ieri al Tesoro ne hanno discusso il
ministro Padoan e i suoi vice. Per oggi è previsto un seminario
dell’Anci durante il quale verranno spiegati i dettagli del bando.
Doveva presiederlo Piero Fassino, a guidare le danze ci sarà il sindaco
di Firenze nonché coordinatore delle città metropolitane Dario Nardella.
Ciascuna delle grandi città potrà presentare progetti per un totale di
40 milioni di euro, le altre al massimo per 18. Ciascun piano dovrà
essere accompagnato da uno studio di fattibilità e dall’indicazione di
eventuali finanziamenti privati. Alla firma della convenzione verrà
assegnato il dieci per cento, il trenta arriverà nella fase intermedia,
il resto a progetto realizzato. I Comuni dovranno essere molto più
rapidi del governo: dall’accettazione dello studio di fattibilità, il
progetto esecutivo dovrà essere presentato entro due mesi. Il sindaco di
Ascoli Guido Castelli, che pure viene dal centrodestra, invita a
scordare il passato: «Sono contento che il governo abbia finalmente
fatto partire la procedura di assegnazione dei fondi». Stefano Lo Russo,
ormai ex assessore all’Urbanistica a Torino e delegato Anci in materia,
qualche rammarico per i ritardi ce l’ha: «Poter usare quei soldi prima
avrebbero fatto comodo. Non a noi, ma ai cittadini».