giovedì 23 giugno 2016

Corriere 23.6.16
Appendino smonta il sistema Torino
di Marco Imarisio

Chiude la Fondazione della cultura, referendum sulla metro, dubbi sul Parco della salute
Adesso la tradizione del Farò riguarda solo lei. Al passaggio di consegne ufficiale manca ancora una settimana. Ma la prima uscita di Chiara Appendino con la fascia tricolore al petto avverrà questa sera, quando in piazza Castello verrà accesa la pira con in cima un toro per festeggiare San Giovanni patrono.
Piero Fassino ha scelto di non esserci, e con un bel gesto di cortesia istituzionale ha chiamato la nuova sindaca chiedendole di rappresentare la città. Se i tizzoni rotoleranno verso Porta Nuova, saranno dodici mesi fortunati per Torino. Se invece cadranno verso Palazzo Reale, meglio toccare ferro. Al contrario del suo predecessore, monumento alla razionalità che tuttavia non disdegnava il ricorso agli amuleti, Appendino non risulta credere troppo alla scaramanzia. E così, senza aspettare il responso del fuoco, al mattino terrà la sua prima riunione nell’ufficio del sindaco.
Il primo atto di discontinuità con il passato sarà la chiusura della Fondazione per la cultura, l’ente di diritto privato voluto da Fassino al fine di raccogliere sponsorizzazioni ed erogare finanziamenti al sistema culturale torinese. Nel programma della Appendino è scritta a chiare lettere l’intenzione di riportare nell’alveo del Comune, con bandi pubblici e «progetti partecipati dai cittadini», le scelte sulle manifestazioni da sostenere o meno con i 25 milioni di euro pubblici gestiti dalla Fondazione. La nuova sindaca conta di risparmiare così 400 mila euro l’anno solo per le spese di funzionamento. Fino a qui tutto bene. Ma l’ente ormai in via di estinzione funzionava anche come procacciatore di denaro privato. Nel 2015, primo e pare anche ultimo anno di attività, aveva raccolto sette milioni di sponsorizzazioni, contro i 780 mila del quinquennio precedente. Nel programma non se ne fa alcun cenno.
La posizione della nuova amministrazione sull’erigendo Parco della salute invece è netta. Il programma prevede il ritorno al progetto del 2011 tanto caro a Roberto Cota, all’epoca presidente della Regione. Una bella ristrutturazione dell’ospedale delle Molinette e via. «È il progetto che risponde in modo più adeguato alle esigenze dei cittadini ed è quello che utilizza in modo più efficace le risorse pubbliche disponibili». Ma dopo lo scontro frontale con il ministro Maria Elena Boschi e la sollevazione di Mauro Salizzoni, direttore del centro trapianti, e di altri sei primari delle Molinette, Appendino aveva fatto retromarcia sostenendo che la nuova struttura si farà, ogni allarmismo era ingiustificato.
Dopo dieci anni di progetti, varianti e infine la chiusura della prima fase del bando internazionale che deciderà a chi assegnare l’opera, è tutto da rifare per la linea 2 della metropolitana. Alla nuova amministrazione non piace il tracciato, e soprattutto non piacciono le enormi operazioni immobiliari che andranno di pari passo con la costruzione della nuova infrastruttura. «Saranno avviate procedure di approfondimento partecipato con la cittadinanza». Tira aria di referendum.
E poi c’è la Tav, la madre di tutte le battaglie ideologiche. Chiara Appendino sa quanto la lotta contro la nuova linea Torino-Lione sia stata il collante dei Cinque Stelle torinesi. Ma è anche consapevole del fatto che non può fare nulla per impedirne la realizzazione. Al massimo gesti simbolici. Infatti chiederà una riunione urgente dell’Osservatorio sull’Alta velocità. Esporrà le ragioni del no. Ascolterà quelle del sì, che in quella sede sono maggioranza. E di conseguenza lascerà l’Osservatorio, fingendo di ignorare che ha un ruolo solo consultivo.