La Stampa 23.6.16
Coppie gay, la Cassazione dice sì all’adozione del figlio del partner
Riconosciuto il diritto di una bimba a essere adottata dalla madre non biologica
“Prevale l’interesse del minore”. Gli ultracattolici: così si apre all’utero in affitto
di Francesca Paci
La
Cassazione ha detto sì, la bimba romana con due mamme potrà tenerle
ufficialmente entrambe. Sebbene già molti giudici di merito si fossero
espressi in passato in favore dell’adozione del figlio del partner in
coppie dello stesso sesso, la Corte di legittimità fornisce adesso un
ombrello giuridico alle famiglie arcobaleno argomentandolo con il
«preminente interesse del minore» (la coppia in questione convive
stabilmente).
Ieri, con la sentenza 12962/16, la prima Sezione
Civile della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del procuratore
generale confermando il verdetto della Corte d’Appello di Roma che aveva
accolto la domanda di adozione presentata dalla partner della madre
della bambina. I giudici hanno fatto riferimento a quell’«adozione in
casi particolari» prevista dalla legge 184 del 1983 per situazioni in
cui siano provati saldi legami affettivi.
La parola dei magistrati
più autorevoli scavalca dunque il dibattito politico sulla cosiddetta
«stepchild adoption» che aveva visto il Parlamento spaccarsi fino a
raggiungere un compromesso con la legge sulle unioni civili, passata con
il voto di fiducia previo stralcio dell’adozione del figlio del
partner. Quel testo, che i conservatori giudicano troppo avanzato e
diverse associazioni per i diritti civili troppo timido, ha normato le
convivenze tra persone dello stesso sesso equiparandole grossomodo al
matrimonio con l’eccezione dell’obbligo di fedeltà e della possibilità
di adottare.
Per quanto come precisano gli stessi giudici la
decisione di Roma prescinda dalla Cirinnà, è bastata a riaccendere la
brace viva sotto alle ceneri. Così mentre i radicali italiani applaudono
la notizia sottolineando come «anche stavolta, di fronte a un passo
avanti verso la civiltà, il Parlamento sia il grande assente», i nemici
della stepchild, a cominciare dagli organizzatori del Family Day, ergono
le barricate contro una sentenza ritenuta «ideologica». Massimo
Gandolfini, presidente del Comitato Difendiamo i Nostri Figli, se la
prende con i cattolici della maggioranza (rei di aver votato la Cirinnà
in cambio dello stralcio della stepchild) e vagheggia «il presupposto
giuridico per l’utero in affitto».
Il ministro della giustizia
Orlando prova a gettare acqua sul fuoco: «Credo che sia opportuno
rispettare le sentenze». Ma è evidente che la sentenza può aprire
un’altra falla nel rapporto tra il Pd (dentro cui c’è una componente
cattolica) e l’Ncd di Alfano, un rapporto già molto altalenante dopo i
risultati delle elezioni amministrative.
Se nel resto d’Europa la
stepchild è già legge, come in molti Paesi del Nord e anche nella
cattolica Spagna, in Italia c’è il precedente del 30 luglio 2014 quando
l’allora presidente del tribunale dei minori di Roma Melita Cavallo
riconobbe pioniera l’adozione in una coppia gay.