giovedì 23 giugno 2016

La Stampa 23.6.16
Melita Cavallo presidente del Tribunale dei minori di Rom
“Ora il legislatore intervenga, l’Italia rischia una condanna”
intervista di Grazia Longo

Melita Cavallo - presidente del Tribunale dei minori di Roma fino alla pensione, lo scorso dicembre - lei ha firmato il verdetto di primo grado confermato ieri dalla Cassazione. Soddisfatta?
«Sono molto felice, soprattutto nell’interesse dei bambini che hanno diritto a un riconoscimento giuridico anche all’interno delle coppie omosessuali».
Lei è la protagonista di queste sentenze, quindici in tutto, come prevede che sarà d’ora in avanti?
«Quattro casi sono già passati in giudicato perché la procura non ha ricorso in appello, gli altri sono in attesa del responso di secondo grado. Ma è evidente che la Cassazione uniformerà le sentenze successive: quella di ieri è stata una decisione storica a cui i giudici si adegueranno. Tanto più che il testo di pronunciamento è molto ben scritto, trattandosi di un tema importante come l’adozione. I Tribunali delle varie città del Paese potranno decidere, uniformandosi alla Cassazione, favorendo quelle situazioni in cui il rapporto nella coppia sia saldo e dunque l’adozione sia sempre a garanzia del minore».
Alcuni politici l’avevano accusata di giustizia creativa. Oggi la sua scelta segna un punto incontrovertibile nell’adozione dei figli del proprio partner. La legge ha colmato il vuoto legislativo. Che cosa auspica ora?
«Un intervento chiaro da parte del legislatore. Anche perché altrimenti l’Italia rischia una condanna da parte della Corte europea per i diritti dell’uomo ».
Che cosa esattamente?
«La Corte europea per i diritti dell’uomo potrebbe ritenere, per quanto attiene al riconoscimento dei figli, discriminante il trattamento riservato alle parti delle unioni civili rispetto al trattamento riservato alle coppie coniugate e a quelle conviventi. La legge sulle unioni civili, approvata con lo stralcio dell’adozione coparentale, crea infatti una discriminazione: il riconoscimento del figlio è assicurato alla nascita per le coppie eterosessuali, mentre le coppie omosessuali, per veder riconosciuta l’adozione del figlio di uno dei due da parte del partner, dovranno arrivare in giudizio».
Ma perché la legge ha potuto tecnicamente dirimere una questione rimasta insoluta dal punto di vista politico?
«La lettera d) dell’articolo 44 della legge 184/83 sulle adozioni in casi particolari consente di accogliere la richiesta di adozione del figlio del partner in una coppia omosessuale, perché questa norma non contiene né la parola “matrimonio” né la parola “coniuge” e quindi rispetta la nuova legge sulle unioni civili».
E per quanto concerne nello specifico la questione adozioni?
«In particolare, la lettera d) si riferisce ai casi di adozione per impossibilità di affidamento preadottivo, che il Tribunale per i minorenni di Roma ha sempre applicato ai casi di minori positivamente inseriti in un nucleo familiare, finora costituito da coppie eterosessuali, e che ha poi ritenuto suo dovere applicare anche alle coppie omosessuali, non ritenendo di poter discriminare».
Che cosa prevede per il futuro?
«È molto probabile che la sentenza della Cassazione faccia emergere l’entità, la quantità di queste famiglie desiderose che i loro figli vengano riconosciuti. Immagino quindi l’incremento del ricorso all’iter giudiziario da parte di molte coppie omosessuali finora rimaste nell’ombra. Da più parti si è sentito dire: “Tanto rumore per nulla, al massimo ci saranno venti casi in Italia”. Non saprei quantificare, ma sono certamente molti di più. E comunque, fosse anche per un bimbo solo, non è giusto che questi viva nell’incertezza giuridica. D’ora in poi, fortunatamente, non si correrà più questo pericolo».
Si aspettava tanto clamore mediatico?
«Devo essere sincera: no. Perché da estensore della sentenza di primo grado in questione, come per le altre quattordici, mi ero semplicemente preoccupata dell’interesse e dei diritti dei bambini. Quanto alla ponderazione e la peculiare attenzione con cui ogni caso va trattato, questo vale per tutti i casi di adozione, materia altamente delicata e complessa».