La Stampa 22.6.16
Tremano le municipalizzate, Raggi le vuole azzerare
I vertici di Ama e Atac hanno già rimesso i mandati
di Paolo Baroni
Poltrone
che scottano, poltrone che ballano, poltrone che già si liberano.
L’insediamento di Virginia Raggi alla guida di Roma capitale e l’arrivo
di un assessore che si occuperà a tempo pieno dello sfoltimento delle
partecipate, una galassia di decine e decine di società che pesa come un
macigno sui conti di Roma capitale, è destinato a provocare un vero e
proprio terremoto. Ufficialmente dallo staff della Raggi escludono che
si voglia procedere con uno «spoil system puro. Valuteremo caso per
caso, seguendo il principio del merito» spiegano. In realtà ieri a
Montecitorio il neo-sindaco ha avuto un lungo incontro con il direttorio
5 Stelle durante il quale si è parlato a lungo proprio di partecipate.
Secca la decisione finale: non solo occorre cambiare i vertici delle
controllate, ma occorre azzerare interamente i primi due livelli del
management.
Mandati a disposizione
Già oggi i vertici
dell’Ama, la municipalizzata per l’igiene urbana, il presidente Daniele
Fortini e la consigliera Carolina Cirillo, rimetteranno il loro mandato.
Altrettanto farà il direttore generale dell’Atac, Marco Rettighieri.
Per Fortini e Cirillo si tratta di «un gesto di cortesia istituzionale»
nei confronti della nuova sindaca, dal momento che la loro nomina è
avvenuta durante l’amministrazione di Ignazio Marino. E prescinde dal
colore della nuova giunta. Fortini resterà in carica per l’ordinaria
amministrazione, visto che da marzo l’Ama è rimasta senza direttore
generale, ma esclude una riconferma. «È un’eventualità che non si è
proposta», sostiene.
«Domani (oggi, ndr) rimetterò il mandato.
Penso sia un gesto istituzionale, elegante ed apprezzabile - ha
confermato a sua volta Rettighieri -. Questo non vuol dire dare le
dimissioni. Aspetterò di essere contattato dalla nuova amministrazione.
Se sono disposto a restare? Sono valutazioni da fare a suo tempo, non
metto mai il carro davanti ai buoi». Dalla sua Rettighieri, ex manager
dell’Expo chiamato dal commissario Francesco Paolo Tronca per
risollevare dal baratro il settore trasporti, potrà far valere i primi
risultati del lavoro di risanamento che, stando al bilancio 2015
approvato proprio ieri, ha già visto le perdite scendere da 141 a 79
milioni nonostante il calo degli introiti. Ma non è detto che basti.
Arriva Blandini il tagliatore
Il
compito di mettere ordine alle circa 30 società partecipate da Roma
Capitale, a quanto pare, spetterà ad un economista esperto in diritto
societario, Antonio Blandini, che insegna diritto commerciale alla
facoltà di Economia della Federico II di Napoli e diritto commerciale
evoluto alla Luiss di Roma. Per lui si prospetterebbe un incarico a
tempo, legato al compimento della sua mission.
A parte Ama e Atac
la questione più delicata riguarda però Acea visto che si tratta di una
società quotata, dove Roma Capitale ha il 51% mentre i privati
controllano il restante 49% (15,8% il Gruppo Caltagirone, 12,48% i
francesi di Suez). La Raggi in campagna elettorale ha detto di voler
cambiare «di sicuro» tutto il management della multiutility, imitando le
gesta di Marino di due anni fa, e di voler tornare a una gestione
interamente pubblica dell’acqua. Cosa difficilmente praticabile se non
al prezzo di penali salatissime. Nonostante i forti ribassi in Borsa
(-19% negli ultimi tre mesi contro il -3% del comparto), i vertici di
Acea ostentano tranquillità, come pure i soci privati. «Non eravamo
preoccupati e non lo siamo ora. Abbiamo un piano industriale da
realizzare e continueremo a realizzarlo col rigore e la serenità di
sempre: il consiglio andrà a scadenza, c’è la legge e ci sono le
prerogative dei soci», ha spiegato ieri l’amministratore delegato
Alberto Irace, arrivato due anni fa direttamente dalla fiorentina
Publiacqua col beneplacito di Renzi. Ieri è circolata la voce che il
presidente Catia Tomasetti fosse pronta «a fare un passo indietro». Ma
la notizia è stata smentita «categoricamente». Irace auspica «un
confronto sereno» e si dice pronto a «interloquire con tutti gli
azionisti», forte anche del fatto che alla Raggi non conviene
destabilizzare più di tanto la società, forzando la mano e magari
convocando un’assemblea straordinaria che le farebbe guadagnare solo
qualche mese rispetto alla scadenza naturale del Cda fissata per marzo
2017. Tanto più che Acea è una società ben gestita che assicura un ricco
dividendo al Campidoglio: ben 51 milioni solo nel 2015.