La Stampa 22.6.16
Renzi
Il piano periferie del premier ecco i prestiti ai condomini
Un fondo pubblico per ristrutturarli. I soldi restituiti a rate in bolletta
La risposta allo smacco delle urne
di Francesco Bei
Meglio
tardi che mai, verrebbe da dire. C’è voluto il clamoroso risultato di
questa tornata elettorale per portare finalmente al centro della
politica il tema delle periferie. O meglio di come concretamente vivono i
cittadini a dieci fermate dal centro storico. Il governo sembra aver
capito che la direzione di marcia deve essere quella e il piano di
riqualificazione edilizia con cui apriamo oggi il giornale è un primo
segnale di ascolto.
D’altronde lo stanno testimoniando le nostre
inchieste per strada in questi giorni e lo confermano i flussi
elettorali: fuori dalla cerchia delle mura cittadine cova un giacimento
di rabbia pronto a esplodere, un deposito che ha trovato sfogo domenica
nell’urna. E siamo fortunati che sia ancora il voto democratico a
incanalare questo risentimento, mentre in altri Paesi l’odio sociale si è
trasformato in incendio.
E ha infiammato i quartieri-ghetto con
la benzina dell’immigrazione. Per chi si sente abbandonato da tutti, il
voto ai cinque stelle è stato come un grido di dolore e un insulto
sparato in faccia a chi governa. «Il problema dell’eguaglianza e delle
periferie - sembra abbia riconosciuto il ministro Andrea Orlando nella
tesa riunione di governo di lunedì a urne ancora calde - è stato poco
affrontato dal Pd in questa campagna elettorale».
Sbaglia Beppe
Grillo a considerare quel voto un’adesione incondizionata al programma
M5s (una serie di slogan che faticheranno a trovare applicazione
concreta) e un’investitura anche per il governo nazionale, ma
sbaglierebbe anche Matteo Renzi a ridurlo a una questione che si può
risolvere rafforzando la segreteria del Pd con qualche innesto.
Tuttavia
il capo del governo è ancora in tempo per recuperare. Ma deve ritrovare
quello spirito di attenzione al particolare, quell’atteggiamento da
sindaco che sta sempre «sul pezzo» che gli consentì di vincere le
primarie e poi di convincere il 40 per cento degli italiani. Quando a
Firenze, durante il primo mandato, lo accusarono di essersi dimenticato
delle periferie e di pensare solo alla pedonalizzazione di piazza della
Signoria, Renzi non negò il problema, non cambiò assessori, fece una
cosa di buon senso: studiò il modo per allungare la tramvia che collega
la zona di Piagge con il centro. E ricucì il territorio. Con l’ultima
legge di Stabilità ha stanziato 500 milioni di euro per le periferie,
grazie alla flessibilità strappata a Bruxelles. Il decreto di Renzi che
stabilisce le modalità di erogazione di questi fondi alle città porta la
data del 7 giugno, due giorni dopo il primo turno elettorale. Ma tutto
va troppo lento, si aspettano i progetti dei sindaci, e ci vorrà molto
tempo prima che i cittadini si accorgano che qualcosa sta cambiando. Il
problema in fondo è tutto qui. Perché una volta in periferia c’era il
Pci con le sue sezioni e la Dc con le sue organizzazioni collaterali,
c’erano i sindacati, le parrocchie, un mastice che teneva incollato il
mondo dei privilegiati e il mondo di sotto. Ora in questo vuoto non c’è
più nulla. E Renzi ha solo il governo per provare a farsi ascoltare. Ma
lo deve fare in fretta.