La Stampa 21.6.16
Cuperlo
“Sconfitta severa, nelle periferie ci guardano come marziani
“È urgente un cambio di rotta”
intervista di Francesca Schianchi
«È
stata una sconfitta severa, ma l’allarme era suonato già al primo
turno. Se nelle periferie dove c’è più sofferenza siamo vissuti come
marziani o, peggio, come nemici, vuol dire che si è perso il legame con
un pezzo di Paese», commenta impietoso i risultati di domenica Gianni
Cuperlo, tra i leader della minoranza del Pd.
Secondo Renzi è stato un voto di cambiamento e non di protesta: è d’accordo?
«Sì,
ma bisogna capire il perché. Quando a milioni faticano a fare la spesa o
rinunciano a curarsi comprando solo i farmaci essenziali, cambia il
loro sguardo sulla vita. Non gli basta un bonus o il taglio dell’Imu.
Hanno bisogni più radicali che tengono assieme anima e corpo».
La sconfitta di Roma era attesa, quella di Torino meno: è stato bocciato Fassino o è stato un voto a valenza nazionale?
«Fassino
ha governato bene ma su 20 ballottaggi con i 5Stelle ne perdiamo 19. E’
chiaro che molti hanno votato “contro” di noi, ma questo significa che
alcune scelte di questi due anni hanno creato un fronte inedito che
aveva come primo traguardo farci perdere».
Di questo parlerete col segretario Renzi alla Direzione di venerdì?
«Gli
diremo che il risultato non è figlio della poca rottamazione o di volti
non sempre giovani e belli. Il voto impone un cambio di rotta nel
merito delle scelte. Dobbiamo dire che un manovale non può salire su
un’impalcatura quando non ce la fa più. E che un giovane deve disporre
di un reddito e di una base previdenziale che non lo condanni. Serve che
la lotta alla diseguaglianza torni a farsi bussola della sinistra».
Altrimenti temete un Pd gassoso, comitato elettorale del capo?
«Il
dramma è un partito che in troppe realtà è preda di notabili o filiere
di potere. Se in mezzo alla strada o in un mercato ci vai solo coi
santini dei candidati e per il resto dell’anno non ti vedono mai, sarai
respinto con perdite».
E’ un problema il doppio incarico di Renzi?
«Al
congresso mi sono battuto per un segretario a tempo pieno. Ma adesso il
vero problema è un cambio di linea politica per raddrizzare una rotta
che non va».
Pensa che la minoranza saprebbe mettere in campo una
proposta più capace del renzismo di intercettare i voti di un elettorato
deluso e arrabbiato?
«Io vorrei un partito capace di correggere
gli errori perché penso che chi oggi è deluso rivendica giustizia e
diritti, non graziose concessioni. Ci chiede una classe dirigente che
incarni un’etica pubblica depurata dai privilegi. Dalla sinistra non
attendono una narrazione, ma la certezza di essere visti e ascoltati».
Lei conosce bene D’Alema: è vero che si impegnerà per il no al referendum? Lei cosa farà? Si impegnerà per il sì?
«D’Alema
dirà ciò che vuol fare. Io la riforma della Costituzione in Parlamento
l’ho votata e so che non si può cambiare prima del referendum, ma penso
che si possa e si debba fare un’altra cosa».
Cambiare l’Italicum?
«Lo
propongo da mesi. Penso sia un errore fare del referendum un plebiscito
sul premier e vorrei che Renzi riflettesse su una strategia che può
condurre la sinistra a una sconfitta drammatica. Cosa ci vuole per
capire che, in linea col resto dell’Europa, siamo entrati in una
stagione dove la lotta non è tra due schieramenti ma si fonda su tre
poli distinti? Il voto di domenica mostra anche l’assurdità di un doppio
turno nazionale destinato a consegnare nelle mani delle forze escluse
dal ballottaggio il destino della maggioranza e del governo. La vera
domanda è: perché non fermarsi e riflettere, provando a scrivere regole
del gioco più sagge e condivise?».